Rileggendo il Genji monogatari un capitolo al giorno. 6. Suetsumuhana.

 

 

 Capitolo VI

 

Suetsumuhana

末摘花

Il fiore di cartamo

 

 

Nel quale si racconta di un’avventura bizzarra di Genji con una principessa riservata e non bella, e del piacere di far musica.

Genji ancora affranto dalla morte improvvisa, fra le sue braccia, di Yūgao, bella e discreta, “svanita come la rugiada sui fiori di yūgao”, rimpiange la sua tenerezza, circondato com’è da dame altezzose e ricercate.

Incorreggibile nonostante le esperienze passate, seguitava a desiderare una donna che pur senza godere di una grande fama agli occhi del mondo lo mettesse a suo agio con la dolcezza e perciò, se solo sentiva parlare del fascino di qualcuna, non mancava di prestare ascolto e, quando gli sembrava che potesse essere la persona giusta, le mandava un sia pur breve messaggio, e può sembrare una cosa ovvia dire che ben difficilmente gli capitava di essere respinto.”*

Un giorno Genji ascolta con grande interesse Taifu no myōbu (figlia di una delle sue nutrici e anch’essa giovane dama in servizio presso la Corte) che gli parla della figlia del Principe di Hitachi, Suetsumuhana. Dalla morte del padre la principessa vive nella più profonda solitudine, in preda a un grande scoramento, in una residenza semidiroccata. Unica compagnia  il kin, che ama suonare e in cui eccelle.

In una notte di luna velata, con l’aiuto di dama Taifu,  Genji si reca al padiglione della Principessa e, di nascosto, si avvicina alle sue stanze e la sente suonare il kin, la cetra cinese.  Nella pressi della dimora si aggira anche il suo amico Secondo Comandante della Guardia (Tō no Chūjō), il quale ha anch’egli desiderio di corteggiare la giovane donna.  I due se ne vanno insieme, senza essere stati visti dalla Principessa e “salirono sullo stesso carro e si diressero verso la residenza del Gran Ministro della Sinistra, accompagnandosi lungo il cammino con il suono dei loro flauti, mentre la luna si nascondeva leggiadra dietro alle nuvole. Entrarono di nascosto senza farsi annunciare e in un passaggio appartato si cambiarono d’abito, indossando le vesti di Corte, e quindi presero a suonare il flauto con aria innocente, come se fossero appena rientrati dalla residenza del Sovrano, e il Gran Ministro, che come sempre non perdeva occasione di unirsi a loro, li accompagnò con il flauto di Koma. La sua abilità era fuori discussione e la sua musica bellissima, al punto che, al di là delle cortine di bambù, anche le dame di compagnia più abili presero i koto e si unirono al concerto.”**

Rientrati nelle loro stanze, Genji e il Secondo Comandante inviano lettere alle quali la Principessa  non risponde, ritrosa e timida com’è e in più educata all’antica. Di fronte all’indifferenza della giovane, Genji sembra perdere qualsiasi  interesse, mentre passano i mesi e le stagioni. Ma all’arrivo dell’autunno, quando il ricordo della dolcezza di Yūgao ricompare, Genji richiama la myōbu e le chiede ragione del comportamento della Principessa: “Se avesse l’età in cui si ignorano le cose del mondo, oppure se non fosse in grado di agire liberamente, il suo riserbo sarebbe comprensibile, ma se mi sono comportato così è stato perché la ritenevo persona dotata di giudizio e discernimento. Le mie aspettative sarebbero state esaudite se, ora che mi sento solo e infelice, avesse mostrato di comprendere i miei sentimenti. Non desidero una delle solite, banali  avventure, ma solo fermarmi per un poco sulla veranda della sua casa.”***

Fermamente deciso a conquistarla prima del suo amico, Genji torna alla residenza della Principessa per parlarle e cercare di sedurla ma la donna, priva com’è di esperienza circa le cose del mondo e le relazioni fra donne e uomini, sembra spaventata.

Dopo essere stata preparata e abbigliata in modo appropriato dalle sue dame, la Principessa riceve Genji, tenendosi nascosta dietro a un paravento. Mentre egli le rivela i propri sentimenti, la giovane non sa cosa rispondere, essendo del tutto priva di spirito. Jijū, figlia della sua nutrice e sua dama di compagnia, esasperata dall’atteggiamento inconcludente della sua padrona, risponde al suo posto. Genji allora penetra nella stanza della Principessa e la trova irrigidita dalla paura e dalla timidezza. Indispettito dall’atteggiamento selvatico della donna, Genji se ne va di soppiatto, abbandonandola nel mezzo della notte.

Nei giorni seguenti il Principe è occupato dalla preparazione dell’uscita dell’imperatore (Kiritsubo-in) al Suzaku-in, in occasione della festa dedicata all’Imperatore abdicatario. Genji dimentica a poco a poco la giovane figlia del Principe di Hitachi. L’autunno passa e l’assenza prolungata e il disinteresse di Genji turbano la Principessa.

Una sera, però, dopo essersi detto che forse vedendola in viso “gli avrebbe riservato una piacevole sorpresa e che era stato solo per via dell’oscurità di quella notte che gli era parsa un po’ strana” Genji torna a visitarla e trascorre la notte con lei. Al mattino seguente, curioso di vedere finalmente il suo viso alla luce riflessa dalla neve in giardino, la convince ad accompagnarlo nella galleria esterna e la osserva con discrezione. Scopre così un volto irregolare in cui campeggia un naso dalla punta arrossata. Si allontana in fretta dalla donna.

Commosso tuttavia dalla situazione penosa di abbandono in cui versa, decide di prenderla sotto la sua protezione. E torna a trascorrere un’altra notte con lei. Ascoltando finalmente il suono della sua voce, ride, divertito e sorpreso dal fatto che lei infine abbia osato rivolgergli la parola.

Rientrato nella sua residenza di Nijō, il Principe ritrova la Fanciulla del Murasaki “graziosa nella sua giovinezza ancora immatura” . Insieme dispongono le bambole e disegnano, giocando, scherzando “come una coppia ben assortita”. Irridendo dentro di sé quel volto sgraziato, Genji prende un po’ del carminio utilizzato per disegnare e con quello si tinge di rosso la punta del naso, osservando il proprio volto allo specchio. La piccola Murasaki ne ride e, preoccupata che egli non riesca a rimuoverlo, si avvicina per aiutarlo a strofinare via quel buffo colore.

 

 * Murasaki Shikibu, La Storia di Genji, traduzione di Maria Teresa Orsi, Einaudi, Torino, 2012, p. 123 .

**    Ivi, p. 126.

*** Ivi, p. 128.

Immagine tratta dal catalogo Genji monogatari emaki, Nagoya, Tokugawa Bijutsukan, 1995.