Al rumore delle gocce di pioggia che cadono dalla grondaia, alle chiassose voci dei corvi che si svegliano nei nidi, assopitami sulla scrivania, all’improvviso mi risveglio da un sogno. Conto sulle dita che oggi è il 20 febbraio; pian piano le cose intorno a me acquistano il loro colore reale ed io pure acquisto la consapevolezza della mia realtà, come mi chiamo, quanti anni ho e così via. Oggi è giovedì, il giorno in cui devono venire a lezione le mie allieve. La neve primaverile è caduta fittamente, perciò le strade saranno di certo impraticabili, e mi dispiace perché loro sicuramente saranno infastidite.
Nel sogno potevo esprimermi così come pensavo ed i miei pensieri venivano compresi così come desideravo; ero tanto felice. Svegliatami, sono ritornata di nuovo alla mia realtà in cui diverse cose non possono essere espresse o sono difficili da esprimere.
Con il mento appoggiato alla mano, seduta alla scrivania, sono presa dai pensieri: sono solo una donna, qualsiasi ambizione io abbia, alla fine quasi sicuramente non potrò realizzarla. Potrò mai vivere tranquillamente nel puro spirito della poesia?
Del resto, non è che io abbia intenzione di vivere su una montagna remota evitando la polvere di questo mondo. Mi dicono che sono pessimista. Perché mai? Faccio scorrere l’inchiostro su fragili fogli di carta che poi vengono pubblicati; dopo hanno sulle labbra complimenti banali del tipo: “Scrittrice prodigiosa della nostra generazione”, elogi pieni di rispetto ma vani che domani stesso possono mutare. Che tristezza! Nell’ambiente letterario, tra le persone che incontro tutti i giorni, non ce n’è una che possa considerare amica, che conosca veramente: ho l’impressione di essere nata sola in questo mondo.
Io sono una donna.
Per quante decisioni possa prendere, potrò mai realizzarle in questa nostra società?
20 febbraio 1896
Higuchi Ichiyō
(1872 -1896)
Dal diario Mizu no ue (Sull’acqua) Traduzione di Paola Cuppone.