In questo nuovo anno voglio ricordare le donne giapponesi. Un profilo alla settimana. Dedicato a noi.
Figura leggendaria di donna guerriera, quella di Tomoe Gozen. Su questa donna coraggiosa sappiamo veramente molto poco e le fonti principali che ne parlano sono solo letterarie, in particolare lo Heike monogatari, il racconto epico che narra le vicende della guerra Genpei (1180-1185) fra i Minamoto e i Taira e che fu composto agli inizi del XII secolo.
A quale famiglia appartenesse Tomoe non lo sappiamo: quel “gozen” che segue il suo nome è un titolo onorifico attribuito alle donne di alto rango, specialmente in periodo Kamakura, ma allude semplicemente a “ciò che sta davanti”.
Sappiamo però che fu cognata e concubina del signore di Kiso, Minamoto no Yoshinaka (1154-1184), e che lo affiancò in tutte le battaglie, dove si distinse sempre per il coraggio e la forza. Sappiamo che gli stette vicino sino alla fine quando, nella battaglia di Awazu (o Awazugahara, 1184) presso il lago Biwa, braccati dalle truppe degli ex alleati Minamoto no Noriyori e Yoshitsune, videro svanire il sogno di Yoshinaka di diventare il signore del Giappone. Così narra nel IX libro lo Heike monogatari:
Il signore di Kiso aveva condotto al seguito da Shinano due donne belle, Tomoe e Yamabuki. Yamabuki, malata, era rimasta nella capitale. Delle due, Tomoe, per il biancore del suo incarnato, la lunga capigliatura, i tratti regolari, era in verità la più bella. Di una forza e di una abilità rare nell’arco, che fosse a cavallo oppure a piedi, la spada in mano, era una guerriera capace di affrontare demoni o dei e che sola valeva mille uomini.
Esperta nel montare i cavalli più focosi, nel discendere la pendenza più ripida, all’avvicinarsi della battaglia, indossata una pesante armatura dalle lamelle serrate, la lunga spada e l’arco potente in mano, appariva al nemico come un capitano di primo rango. Aveva compiuto delle imprese così brillanti, che nessuno l’eguagliava. E fu così che ancora una volta, quando molti avevano battuto in ritirata o se n’erano fuggiti, Tomoe era fra i sette cavalieri che non erano stati colpiti.
L’esercito di Kiso ora ha la peggio e, pur combattendo stoicamente, alla fine il signore di Kiso sta per soccombere, circondato solo da 5 vassalli. E Tomoe è fra questi! Lui sta per morire, cerca la morte ma non vuole che Tomoe lo accompagni nella morte. Insiste. Così, lei che non vuole cedere, non vuole ritirarsi:
“Ah, che venga un nemico degno di me! E io gli farò vedere il mio ultimo combattimento!” disse tra sé, arrestando il cavallo quando giunse, alla testa di trenta cavalieri, Onda no Hachirō Moroshige, un valoroso reputato per la sua forza nella sua provincia di Musashi. Tomoe si gettò in mezzo alla mischia, spinse il suo cavallo contro quello di Onda, lo spinse, lo rovesciò, lo immobilizzò tenendolo fermo contro il pomolo della propria sella, gli tagliò la testa e lo respinse. Dopodiché si tolse l’armatura e se ne andò verso le province orientali.
Null’altro sappiamo di questa donna. Certo, la sua figura eroica e tragica ha dato vita a numerose leggende: c’è chi la volle monaca, chi la volle suicida, chi impazzita vagante con la testa del compagno in un involto per le contrade del Giappone. Ma del suo destino niente ci è dato sapere, personaggio storico trasfigurato nel mito, Tomoe è diventata protagonista umanissima del dramma noh di Zeami (o, almeno, a lui attribuito) che dal suo nome prende il titolo: Tomoe.
Il dramma racconta di un monaco proveniente dalla regione di Kiso e del suo incontro con una donna, durante una sosta a un tempio di Awazu, lungo la strada per Kyōto. La donna prega e piange davanti all’altare e, interpellata dal monaco, conosciutane la provenienza, gli rivela che in quel tempio si venera proprio Kiso Yoshinaka e lo invita a pregare per la sua anima, scomparendo subito dopo. Sopraggiunge un contadino dei luoghi che, giunto a pregare, racconta al monaco la storia di Tomoe e Yoshinaka.
La notte seguente, al monaco che canta i sutra in onore della divinità del luogo appare il fantasma della donna che, ora, indossa l’armatura. Essa rivela la sua identità: è Tomoe, ossessionata dal risentimento per non aver potuto morire insieme a Yoshinaka. Lo spettro descrive gli ultimi attimi di vita di Yoshinaka e narra di come visse dopo la morte di lui. Infine, prima di scomparire definitivamente, lo implora di pregare per lei: “Prega, ti supplico, affinché sia liberata da questa ossessione.” Tolta l’armatura e nascosto nel kimono il pugnale, unico ricordo del suo compagno d’arme e di vita, la donna si allontana coprendosi con un cappello da pellegrino, verso le montagne di Kiso.