Mukashi mukashi. Letture per farci compagnia. Un tardo crisantemo.

Itō Shinsui (1898-1972), Lo specchio in mano, stampa shin-hanga, 1954.

 

L’uomo era sorpreso dall’esistenza di Kin. La crudeltà dei tempi non aveva lasciato su di lei la benché minima traccia. Le condizioni in cui viveva facevano pensare che potesse procurarsi facilmente una somma di denaro di due o trecentomila yen. Lui non nutriva alcun rimpianto per il suo corpo; piuttosto, desiderava inseguire e cercare di trattenere in sé la ricchezza interiore di quella donna, nascosta nel fondo della sua esistenza. Tornato dalla guerra, aveva provato a tuffarsi negli affari animato soltanto dall’entusiasmo della gioventù, ma in meno di sei mesi aveva dato fondo al capitale ricevuto dal fratello; oltre alla moglie, aveva una relazione con un’altra donna e anche lei, tra poco, gli avrebbe dato un figlio. Si era ricordato della Kin di tanti anni prima ed era venuto da lei pensando che potesse aiutarlo; ma non era più infatuata di lui come una volta ed aveva imparato ad essere prudente. Il cuore di Kin era rimasto imperturbato dall’incontro con Tabe a distanza di tanti anni. La posizione e l’espressione composte della donna trattenevano Tabe dall’avvicinarsi. Le prese di nuovo la mano e provò a stringergliela forte. Lei lo lasciò fare senza reagire. Senza neppure accennare ad avvicinarsi, continuava a togliere la nicotina dal bocchino con una sola mano. Dopo un periodo di tempo così lungo, entrambi si ritrovavano a serbare nel cuore sentimenti intricati. Erano invecchiati tutti e due, al punto da non sentire più neppure la nostalgia del passato. Entrambi, pur senza parlare, si stavano confrontando con la realtà, piombando nell’abisso delle disillusioni. Quell’incontro era avvenuto in un momento di stanchezza. Neanche un pizzico della casualità dei romanzi, di gran lunga più dolci. La sottile verità della vita… Tutti e due erano lì solo per rifiutarsi a vicenda e nient’altro. Tabe immaginò di uccidere Kin. Tuttavia, al pensiero che pur uccidendo una donna come lei avrebbe comunque commesso un crimine, provò una strana sensazione. Per quanto pensasse che uccidere una o due donne cui nessuno prestava attenzione non dovesse essere poi così grave, quando rifletté sul fatto che questo l’avrebbe reso un criminale, tutto gli parve assurdo. Era solo una vecchia che non valeva più di un verme, una vecchia che viveva senza lasciarsi scuotere da nulla. I due cassettoni erano senza dubbio stipati di kimono accumulati nel corso di cinquant’anni. Una volta Kin gli aveva mostrato un bracciale avuto in dono da un francese, un certo Michel. Sicuramente possedeva anche gioielli del genere. La casa era di sua proprietà. Pur dando libero sfogo all’immaginazione e fantasticando sul fatto che non era poi una cosa così grave uccidere una donna con una cameriera sordomuta, in Tabe cominciò a risorgere, dolorosamente vivo, il ricordo di quando era studente e aveva perso la testa per quella donna, continuando a incontrarla durante la guerra. Forse perché era ubriaco, ebbe la sensazione che l’immagine sfumata di Kin lì, davanti ai suoi occhi, gli penetrasse nella pelle provocandogli un senso di intorpidimento. Benché non avesse voglia di toccarla, il suo passato con Kin era una presenza ingombrante e gli adombrava l’animo.

 

Hayashi Fumiko

(1903-1951)

 

Traduzione di Emma Grimaldi Kawamura.

Da: Tardo crisantemo (Bangiku, 1948), in Racconti dal Giappone, a cura di Cristiana Ceci, Milano, Mondadori, 1992, 1° vol., pp. 104-106.

 

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Nell’immediato dopo guerra, l’incontro di due ex-amanti è raccontato da Hayashi Fumiko attraverso uno sguardo spietato che non lascia adito a dubbi: l’uomo è attratto dalla possibilità di spillare alla donna del denaro, la donna si illude che l’uomo abbia ancora per lei dell’affetto. Entrambi si illudono. Il tempo è passato e ha lasciato le sue tracce e il racconto si chiuderà sulla realtà di un uomo ubriaco che la donna non vede l’ora di allontanare dalla propria casa. Hayashi Fumiko si rivela ancora una volta narratrice sapiente dei sentimenti che agitano gli individui, abile a scavare nei meandri delle relazioni di coppia e a denunciarne limiti e fragilità. Di questa scrittrice, purtroppo ancora poco conosciuta in Italia, si può leggere Lampi (Inazuma), tradotto da Paola Scrolavezza e pubblicato da Marsilio nel 2011.