Imperiali geometrie. Un nodo al Nigatsudō (pensando al Genji monogatari).

Nigatsudō, Nara, una domenica di Pasqua tra i ciliegi. 31 marzo 2013.

Il nodo (o musubi) è qualcosa di molto importante nella cultura giapponese e comunica significati comprensibili immediatamente a chi sa interpretarne la grammatica. Nella foto, che ho scattato in una dolcissima domenica della scorsa primavera, un cordoncino arancione annodato secondo il tradizionale stile agemaki si staglia contro una grata di legno annerito dal tempo e dal fumo sulla veranda del Nigatsudō (padiglione del Todaiji), a Nara.

Il nodo a tre anelli (agemakimususubi) è fatto con un cordone intrecciato a formare 3 anelli riuniti da un nodo da cui pendono due lembi terminanti con due frange. Questo nodo, il cui nome significa  “rialzare e avvolgere”, ha una storia molto antica. In epoca arcaica il termine definiva un tipo di pettinatura riservata a ragazze e ragazzi. Mentre in epoca moderna Agemaki è il nome di una personaggio del dramma kabuki Sukeroku, una splendida oiran (o cortigiana di alto livello) la cui pettinatura reca sulla nuca quello stesso nodo. Ma nell’immaginario comune il riferimento immediato è al titolo del 47° capitolo del Genji monogatari, “Agemakimusubi”.

Nel capitolo si racconta che nel tempio di Uji la donna di cui il principe Kaoru è vanamente innamorato, Ōigimi, e sua sorella celebrano il primo anniversario della morte del loro padre e la fine del lutto.  Kaoru, facendo riferimento ai cordoni di cinque colori destinati ad annodare le scatole di legno pregiato contenenti l’incenso per i riti buddhisti, compone versi che alludono all’intrecciarsi di un legame…

 

“[Kaoru], dopo aver messo per iscritto i suoi voti, esprimendo l’intenzione di dedicare ai buddha scritture e immagini, aggiunse una poesia che presentò alle due sorelle:

 

In questo nodo

a tre anelli, si possa stringere

per sempre il nostro legame

come i fili che si intrecciano

in uno stesso luogo.

 

La Prima Signora [Ōigimi], per quanto di malavoglia, rispose:

 

Come è possibile

stringere un legame quando

il filo della vita

è così fragile da non sostenere neppure

le perle delle lacrime.”*

 

 

* Murasaki Shikibu, La Storia di Genji, Torino, Einaudi, 2012, p. 984. Traduzione di Maria Teresa Orsi.