Una primavera, un viaggio. Verso Tōkyō in shinkansen.

Da qualche parte, oltre il finestrino, oltre i binari. Verso Tōkyō. 2 aprile 2013.

Risaie campi e fili elettrici che sfidano i cieli. Campi, case, pali e ciliegi. Boschetti, colline, sprazzi di mare, ponti, bowling e ciliegi. Ajinomoto, fabbriche alimentari, Daiso e golf, il tetto di un tempio, gru che si ergono in un porto in lontananza, una galleria e lo scartocciare dei bentō. Colline e ciliegi. Cime lontane avvolte nella nebbia, macchie di rosa fra le fronde degli alberi, binari e chiacchiericcio, jingle che annunciano annunci, scritte luminose che si rincorrono in fondo al corridoio, un ponte rosso su una piccola baia, il mare. Iokaido, Lion, Cote d’Azur. Hotel e fiumi, tappeti verdi di coltivazioni di tè, filari di alberi, sfumature di verde. Token corporation, bianco e rosa delle chiome, teli verdi dei box del golf (avranno un nome ma, ahimé, non l’ho mai scoperto), tetti blu, teli blu, fiori gialli. Fuji e Kirin, scritte su palazzi. Grandi birilli del bowling – pubblicità poco discreta – sui tetti dei palazzi. Nagoya, Shizuoka, Mishima. Città e nomi che si rincorrono.

Quasi a Tōkyō. Una gioia trattenuta.

Poi, improvvisa, la pioggia.