E così siamo arrivati alla terza mattina e ancora nessun ordine di sloggiare. È che ora viene eretto un nuovo ostacolo: chiamiamolo il “confinamento nella camera di una notte”. Yōkan guarda fisso la sua borsa da pellegrino depositata ai piedi di un pilastro: bisognerà imitarla nel corso della lunga giornata che sta per iniziare, nella posizione della meditazione seduta.
Ci si accontenta di chiamare il giovane al momento della lettura liturgica dei sutra e all’ora dei pasti. Occupa l’ultimo posto della compagnia, si sforza di riprodurre i modi di fare che già fatica a discernere ma, bene o male, riesce a cavarsela. Il peggio è quando ci si trova fra quattro mura, privato di ogni contatto, abbandonato. Leggere, accendersi una sigaretta, nemmeno a pensarci. Quando le sue gambe sono ormai anchilosate a forza di meditare immobile, ha sentito planare come una presenza umana là fuori e ha creduto che lo spiassero da dietro gli schermi di carta delle porte scorrevoli. Ma non è certo questione di allentare la propria attenzione nemmeno un istante in una simile cella – “prigione” sarebbe più appropriato… Ogni ammissione passa attraverso un esame probatorio: ma questo, il monastero lo ripropone, insomma, non senza averlo rivisto e corretto.
Già un tempo il vigore spirituale degli antichi, implacabili nella ricerca della Via, non generava un percorso facile e non rimava certo con “mollezza”. La tradizione ci tramanda che Eka, dopo aver atteso nella neve, manifestò il proprio ardore amputandosi da sé il braccio all’altezza del gomito. In seguito a ciò Bodhidharma gli permise di seguire il suo insegnamento e lo accolse come suo successore. Poiché si è impegnato con una promessa solenne che gli ha fatto lasciare il suo paese natale, Yōkan sente che deve completare il suo percorso contro tutto e tutti. Lo farà, costi quello che costi.
Satō Giei
(1920-1967)
Fonte:
Satō Giei, Journal d’un apprenti moine zen (Unsui nikki, 1966),
traduit du japonais par Roger Mennesson, Arles, Philippe Picquier, 2010, pp. 22-23.
Edizione giapponese pubblicata da The institute for Zen studies nel 1972.
❖Mia traduzione “di servizio” dall’edizione in lingua francese.
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