Onna: donne giapponesi, passioni giapponesi. Ōtomo no Sakanoue no Iratsume.

In questo nuovo anno voglio ricordare le donne giapponesi. Un profilo alla settimana. Dedicato a noi.

Donna sotto l'albero. Epoca Nara, VIII sec. Pannello di paravento dipinto su carta. Shōsō-in, Nara.

 

Pur così altisonante, il suo nome è sconosciuto ai più. Ecco perché voglio ricordare Ōtomo no Sakanoue no Iratsume (695?-750?), una grande poetessa i cui waka furono compresi nella prima celebre antologia poetica del Giappone, il Man’yōshū o “Raccolta delle diecimila foglie”. Nella raccolta sono attribuibili a Iratsume ben 84 componimenti poetici, un terzo dei quali a tema amoroso.

La poetessa era imparentata con due altrettanto celebri poeti:  Ōtomo no Tabito (665-773), suo fratellastro, e il figlio di questi Ōtomo no Yakamochi (?-785), a lungo considerato il compilatore unico del Man’yōshū. Sposa del principe Hosumi no Miko e poi di Fujiwara no Maro, visse a lungo nella provincia di Dazaifu, sull’isola di Kyūshū, dove Tabito era stato inviato quale governatore, radunando attorno a sé un circolo poetico di grande levatura. Iratsume fece ritorno nella capitale nel 730. I suoi componimenti poetici datati 750 sono considerati gli ultimi.

 

Nelle sue composizioni Iratsume esprime una penetrante sottigliezza psicologica e una grande passionalità. Ad esempio in questi due waka:

 

Kon to iu mo

konu toki aru o

koji to iu o

kon to wa mataji

koji to iu mono o.

 

Talvolta dici “verrò” e poi non vieni, ora dici “non verrò”: perché dovrei aspettarmi che tu venga se mi dici che non verrai?* (Man., IV, 527)

 

Hajime yori

Nagaku ii tsutsu

Tanomezu wa

Kakaru omoi ni

Awamashi mono ka.

 

Se sin dall’inizio non fossi stata tua quando d’eterno amore parlavi, un simile dolore l’avrei mai conosciuto?* (Man., IV, 620)

O in questi altri versi, sempre dalla sezione IV del Man’yōshū, nella traduzione di Mario Teti:

 

Fino a questi anni di capelli bianchi misti a neri,

Amore ancora non m’aveva tanto preso.

 

Amore, amore!

Ogni volta che possiamo incontrarci,

dimmi tutto il tuo amore,

se a lungo mi vorrai.

 

Il mio cuore che ti ha caro,

rapido fiume,

per quanti ostacoli si oppongano,

tanto più non s’abbatte. **

Poetessa di rara sensibilità e ricchezza di sentimento rese con una gamma straordinaria di espressioni originali, Iratsume ci ha lasciato non solo waka in 31 sillabe ma anche alcuni chōka, poesie lunghe, un genere poetico presto abbandonato ma ancora molto presente nel Man’yōshū. Se l’ideale estetico di questa raccolta è la sincerità dell’emozione (makoto) espressa con una freschezza e una spontaneità insuperate, questa sincerità e questo lirismo unico sono presenti nel canto di Iratsume e ancora sanno commuoverci. Come questo lungo componimento inviato nell’autunno del 750 alla propria figlia (dal nome curiosamente simile, Sakanoue no Oiratsume) che aveva lasciato la capitale per seguire il marito in una lontana provincia:

Figlia, sei tu/ a me diletta / più assai delle gemme /conservate, dicono / riposte nella / toletta della /Augusta divinità / dei mari. Eppure per la / legge di questo mondo, fugace / come spoglia ninfale di cicala, / sollecita all’invito / del tuo sposo / per la via di Kochi  [sei partita] /aspra e  [faticosa]. / Dal giorno del nostro distacco  [penoso] / come quello di edera abbarbicata, / gli archi delle ciglia tue, curve / come onde del largo, / senza motivo m’appaiono / in una visione di te/ ondeggiante come / grande nave  [sull”acqua]. / Poiché tanto t’amo, / io, che sto invecchiando, / potrò mai sopportare  [la tua assenza]? (Man., XIX, 4220) ***

 

* Traduzione di Adriana Boscaro in Shūichi Katō, Storia della letteratura giapponese. Vol. 1, Venezia, Marsilio, 1987, P.

** Traduzione di Mario Teti,  in Poesia classica giapponese, a cura di Mario Teti,  Parma, Guanda, 1967, pp. 47 e 48.

*** Traduzione di Marcello Muccioli, in  La letteratura giapponese. La letteratura coreana, Firenze, Sansoni Accademia, 1969, p. 49.