Aki no nana kusa.
La classificazione di alcune particolari essenze nel gruppo detto delle 7 erbe dell’autunno – cui corrispondono per contraltare altrettante erbe di primavera – dà conto dell’alto grado di formalizzazione raggiunto dalla percezione tradizionale della natura in Giappone.
Hagi (Lespedeza bicolor), susuki (Miscanthus sinensis), kuzu (Pueraria Thunberghiana Benth), nadeshiko o tokonatsu (Dianthus superbus), ominaeshi (Patrinia scabiosaefolia), fujibakama (Eupatorium fortune), kikyō o asagao (Platycodon grandiflorum) sono le erbe evocatrici dell’autunno nell’immaginario giapponese. Presenti già nel Man’yōshū (Raccolta delle Diecimila Foglie), sono cantate nel Kokin Waka Shū (Raccolta di poesie giapponesi antiche e moderne) nelle sezioni dedicate all’autunno e da allora non sono mai scomparse le allusioni o citazioni del gruppo o delle singole erbe all’interno delle opere poetiche o nei monogatari. Non solo, nelle raffigurazioni pittoriche dell’autunno non manca mai almeno una delle erbe.
In questo gruppo, un posto privilegiato lo occupa l’erba susuki, una grande graminacea che cresce nelle piane non coltivate, ai bordi dei sentieri e sulle colline in tutta l’Asia orientale, raggiungendo l’altezza ragguardevole di 2 metri ed essendo utilizzata dagli artigiani nella cestineria e dai carpentieri nella copertura dei tetti.
Ma nella cultura giapponese l’erba susuki assume un valore metaforico molto preciso. Il suo portamento elegante, la flessuosità dello stelo, la fioritura autunnale in piccole spighe bianche, che da lontano attirano lo sguardo come fiammelle danzanti, ricordano le anime di coloro che sono morti in pena. Una sorta di “memento mori” che attribuisce una qualità speciale al vento d’autunno con la sua capacità di imbiancarlo. Come nel celebre haikai di Bashō:
Ishiyama no
ishi yori shiroshi
aki no kaze.
A Ishiyama
più che le pietre
biancheggia
il vento d’ autunno.
Allora l’erba susuki rappresenta la malinconia autunnale, il passare del tempo, la fragilità della vita, infine, l’impermanenza (mujō) questo concetto filosofico buddhista che la cultura giapponese ha recepito e ha trasformato in un’ estetica.
Così l’erba susuki (eulalia, in italiano) è metafora della malinconia dell’autunno, come nel celebre canto del marinaio, Sendō kouta: “Non sono che un susuki seccato sulla riva del fiume, e così tu…”
Un’atmosfera che riecheggia l’antico waka del Kokin Waka Shū:
Ima yori wa
uete dani miji
hanasusuki
ho ni izuru aki wa
wabishikarikeri.
Ora, mai più
trapianterò nel mio giardino
l’eulalia fiorita,
ché schiude il colore
del mesto autunno.
Taira no Sadafun
(X sec.)
(trad. di Ikuko Sigiyama)