Ricordo i viali alberati, diritti e regolari, perchè i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale avevano distrutto la città e la città era rinata dalle sue ceneri con questa pianta regolare di viali e controviali. Una città d’alberi e di statue di scultori europei, a scandire le nostre passeggiate serali, nel caldo meno soffocante qui che altrove, qualche estate fa.
Ricordo la prima impressione di meraviglia, usciti dalla stazione: viali attraversati da passaggi sopraelevati che proseguivano per kilometri, permettendoci di camminare virtualmente sui tetti delle auto, curiosando nei vetri dei primi piani dei palazzi. Ricordo la Mediateca di Toyo Ito nella sera, una costruzione aerea e elegante, una visione incantevole per chi, come me, ama i prodigi dell’architettura contemporanea come la sobria eleganza naturale dell’architettura tradizionale giapponese.
Ricordo lo sguardo incuriosito di una coppia in un picolo ristorante. Davanti a una birra e un cestino di edamame ci scrutavano, guardandoci mangiare con i bastoncini e sollevando il bicchiere ci sorridevano, bisbigliando “Ojōzu desune.”
Ricordo una galleria commerciale decorata da mille palle di carta colorate. Ondeggianti sulle nostre teste a una leggera brezza. Ricordo una piccola campana buddhista comprata in un negozietto proprio sotto quella galleria. La vedo oscillare in una preghiera muta. Ricordo Sendai.