Potresti affondare come un solo blocco nel nulla ove vanno a finire i morti: mi consolerei se tu mi lasciassi in eredità le mani. Le tue sole mani sussisteranno distaccate da te, inesplicabili come quelle degli dei di marmo diventati polvere e calce della propria tomba. Sopravvivranno ai tuoi atti, ai miserabili corpi che hanno accarezzato. Tra le cose e te, non serviranno più da intermediarie; saranno esse stesse tramutate in cose. Ridiventate innocenti, perché non ci sarai più tu a renderle complici, tristi come levrieri senza padroni, sconcertate come arcangeli a cui nessun dio dà più ordini, le tue vane mani riposeranno sulle ginocchia delle tenebre. Le tue mani aperte, incapaci di dare o di ricevere alcuna gioia, mi avrebbero lasciata cadere come una bambola rotta.
Io bacio, all’altezza del polso, queste mani indifferenti che la tua volontà non allontana più dalle mie; accarezzo l’arteria blu, la colonna di sangue che un tempo incessante come il getto d’una fontana scaturiva dal suolo del tuo cuore. Con piccoli singhiozzi sazi, riposo la testa come un bambino, tra queste palme piene di stelle, di croci, di abissi di quel che fu il mio destino.
Marguerite Yourcenar
Feux, 1936