Giorni strani d’estate.
L’autunno sembra prendere il sopravvento. Le chiome degli alberi, a Champs-de-Mars, sono tinte di giallo e lungo i boulevard le foglie dei platani già stanno cadendo. La notte lo scroscio della pioggia batte contro le finestre e nel cielo c’è una strana luce, che penetra fra i pesanti tendaggi. Allora la curiosità fa scostare la tenda e, come per miracolo, compare improvvisa la cima della tour Eiffel, illuminata fino a tarda ora, lì, a portata di mano, oltre il cortile. Ma se per caso ci si alza a notte fonda, o alle prime luci dell’alba, la torre compare spettrale, ormai spenta. Una breve pausa nella sua quotidianità di cattura-turisti. Strano destino per il capolavoro di un ingegnere…
Ma poi succede che si attraversi un giardino spazzato dal vento, come oggi, al Jardin Atlantique di Montparnasse, e che si veda uomini a torso nudo sdraiati a prendere il sole, una donna di mezza età ben in carne in costume da bagno stesa su una sdraio, tutti comunque con un libro. Un’estate in città come se fosse il mare.
Parigi può bastare. Sì.
Poi capita di immergersi nelle stradine dietro a Saint-Sévérin, in quel dedalo di viuzze medievali fra boulevard Saint-Michel e la Senna in cui regna sempre l’atmosfera caratteristica delle cittadine di villeggiatura: ristoranti e turisti a disputarsi lo spazio. E capita di sbucare davanti alle ampie vetrine di un’agenzia specializzata in viaggi in Asia che è anche spazio espositivo (L’Espace Asia in rue Dante). Una mostra di kimono cattura lo sguardo. E’ il Giappone che fa capolino, ancora una volta, il Giappone dei matsuri, delle feste dei bambini: piccoli, colorati kimono per shichi-go-san o per lo hina matsuri, carte da origami e minuscole gru di carta, carte da gioco hanafuda e una serie di pannelli che raccontano per immagini una fiaba tradizionale secondo la tecnica tradizionale del kamishibai, la declamazione, la teatralizzazione di una leggenda accompagnata da disegni. Una piccola mostra preziosa per invitare al viaggio, alla scoperta del Giappone.
Poi, voltato l’angolo, nella vicina rue Galande, eccoci davanti a Le Chat Huant, un negozietto (anzi, due) stipato di oggetti giapponesi (furoshiki, carta da origami, pennelli, yukata, ecc. ecc.). Uno dei tanti che si incontrano per le strade di Parigi a testimoniare, se ce ne fosse ancora il bisogno, dell’immutata passione di questa città per tutto ciò che viene dall’arcipelago.
C’esta beau, c’est japonais.
Ma è tardi, e un concerto di musiche medievali ci attende al Museo di Cluny, per fortuna poco lontano…
Letto oggi in metrò:
La biodiversité est partout… en ville.