All’arrivo di marzo, insieme a un timido sole e all’aria più tiepida si presenta, come ogni anno, hina matsuri, la “festa delle bambine”, che si celebra il 3 marzo. Su altre pagine, qui, ho raccontato questa tradizione antica e così amata:
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Il collegamento fra bambole e bambine è naturale: ogni anno si espongono, in questo giorno, splendide bambole che rappresentano la corte imperiale di epoca Heian. La coppia imperiale e tutta una corte di dame e cortigiani, musicisti, arcieri, sacerdoti sono sistemati su un tana (dana), uno scaffale a gradini rivestito di stoffa rossa, in cui ciascuno trova la sua esatta collocazione nella piramide dei ranghi di corte. Si tratta di corredi spesso preziosi e antichi, tramandati da generazioni di donne all’interno della famiglia e accresciuti a ogni nuova nascita di bimba con il dono di una bambola.
Ma all’origine di questa festa, che fa da contrappunto, poco prima dell’inizio della primavera, a quella dedicata ai maschietti il 5 maggio (tango no sekku), stanno tradizioni e credenze arcaiche ben diverse dalle forme attuali.
Anticamente, infatti, si trattava di HIINA, una grafia diversa per un significato diverso. L’antico hiina matsuri era una celebrazione degli antenati nelle forme di una bambola maschile e una bambola femminile e il termine hiina era scritto in hiragana: ひいな.
Oggi invece si usa il kanji 雛 che si pronuncia hina e che evoca il significato di “modello”, forse con un riferimento alle bambole usate come modelli, cioè come sostituti magici delle persone viventi per i riti arcaici di purificazione.
Del resto le bambole stesse sono diverse per materiali e forme, rispetto a quelle che venivano usate anticamente per questi riti. Forse un tempo venivano utilizzate bambole di carta, come le anesama-ningyō, ancora adesso fabbricate con carta chiyogami, dai motivi decorativi tradizionali, piegata a formare figure allungate e aggraziate, dall’elegante e colorata silhouette. Forse un tempo si trattava di semplici figurette di carta rozzamente tagliata in forme antropomorfe.
Oggi, certo, le bambole sono elaborati capolavori artistici di grande valore e di grande bellezza, ma qualcosa dell’antica festa resta in questa occasione di celebrazione della primavera che arriva. Una festa di grazia e bellezza che il grande regista Kurosawa Akira (1910-1998) ha evocato nel secondo episodio del film Sogni (Yume, 1990), dal titolo “Il pescheto” in cui le ningyō si animano improvvisamente su una collina ed eseguono una danza piena di magia davanti allo sguardo incantato di un bambino.