Dai finestrini del treno d’ogni giorno avanza un paesaggio spettrale di nebbie.
È l’autunno che avvolge la pianura, dissimula alberi e risaie, ricopre brutture, illude di una qualche bellezza nascosta.
A me l’autunno sembra che possa spiegarci lo yūgen, uno dei concetti estetici più complessi da definire. Forse basta guardare fuori dal finestrino.
Cosa dice il dizionario?
Yūgen
Concetto estetico tendente ad attribuire alle cose un’apparenza di mistero, di eleganza, di fascino e di tristezza contenuta. Creato dal poeta Fujiwara no Shunzei (1114-1204), fu coltivato da poeti e scrittori fino al XVI sec. Nella poesia waka, lo yūgen vuole che i sentimenti più profondi non siano espressi, ma solo suggeriti da allusioni, come delle armonie in una melodia. Questo concetto si trasformò nel XIV sec. per evocare, oltre all’armonia delle cose, la loro eleganza innata. È una condizione quasi mistica, che non può essere espressa da forme, una bellezza elegante e piena di nobiltà, piena di pensieri ma non limitativa. Fu pienamente espressa nel XV sec. negli spettacoli del teatro Nō. In poesia, lo yūgenmi che ne deriva è l’arte di suggerire dei sentimenti senza descriverli.
Kamo no Chōmei nel Mumyōshō (1211), tenta di definire questo concetto:
Quando si sente parlare del cosiddetto yūgen, non si capisce ben che cosa significa. Siccome io stesso non ho approfondito questo argomento, non penso di poterlo definire in modo chiaro e netto. Mi risulta, comunque, che gli intenditori autorevoli in materia si siano riferiti a certi sentimenti non espressi con parole o ad una certa atmosfera suggerita da una visione poco consistente. Faccio un esempio: il cielo serale d’autunno non ha colori ed è dominato dal silenzio. Guardandolo, succede che i nostri occhi si riempiano di lacrime senza motivo e non possiamo spiegarcene il perché, né sappiamo dire dov’è lo yūgen. Chi non se ne intende pensa che in un cielo siffatto non ci sia un bel niente da gustare, ed ammira soltanto fiori di ciliegio e foglie colorate d’autunno che si presentano realmente alla vista. (…) Un altro esempio: quando si guardano montagne autunnali attraverso gli squarci lasciati dal diradarsi delle nebbie, ciò che si vede è indistinto, ma attraente ed allora ci si lascia rapire dalle fantasie, domandandosi fin dove si estendano quei colori autunnali ed ammirando lo splendore di quella veduta immaginata. Le immagini che la mente si crea in tal modo, possiamo allora dirle superiori al paesaggio reale colto dalla vista in tutta la sua nitidezza.
I critici sono concordi nell’affermare che lo yūgen si riferisca a un clima psicologico tendente alla melanconia causata dalla presenza di due elementi (come, nel brano di Chōmei, le montagne autunnali e la nebbia).
Per esemplificare la doppia struttura dello yūgen spesso si utilizza questo waka contenuto nell’antologia imperiale Shinkokinwakashū. Anch’io farò così:
Miwataseba
hana mo momiji mo
nakari keri
ura no tomaya no
aki no yūgure.
Fin dove arriva lo sguardo,
non vedo fiori di ciliegio, né foglie colorate d’autunno,
ma soltanto una capanna dal tetto di giunchi vicino all’insenatura
nel crepuscolo autunnale.
Fujiwara no Sadaie
(1162-1241)