Mukashi mukashi. Letture per farci compagnia. Nel quartiere senza notte.

Kitagawa Utamaro (1754?-1806), “Intrattenimento del cliente abituale” (Irokyaku no zashiki), da Gli Annali del quartiere del piacere (Seirō ehon nenjū gyōji), 1804.

I sentimenti fra uomo e donna consistono soltanto nell’incontrarsi? Quando non ci si incontra da tempo si prova una profonda malinconia e si trascorre la lunga notte da soli, lamentandosi delle vane promesse e contemplando le nuvole lontane, si ricorda il passato trascorso in una casa di giunchi. 

È ciò che si definisce “inclinazione all’amore” (irogonomi), come viene detto in un passo di Momenti d’ozio. È il fascino di ciò che non è compiuto. In effetti colui che si abbandona a una cortigiana percepisce una sensazione amorosa nell’incontro casuale, ma una volta divenuto un cliente affezionato, un simile interesse si esaurisce in uno o due mesi. Dopo si cerca a vicenda l’intensità del sentimento reciproco e il piacere di assumere ancora delle pose e di avere riguardo nei confronti dell’altro, poiché questi sentimenti sono qualcosa di ineffabile. Ma più la conoscenza si approfondisce e più la cortigiana teme per il portafoglio del cliente, che a sua volta intuisce la condizione penosa della cortigiana. In occasione delle festività stagionali si giunge alla fine, si ricorre alla saggezza. Mentre all’inizio il cliente si divertiva con grande generosità, ormai si limita e una volta su tre rinuncia persino a chiamare l’intrattenitrice (geisha) della casa. Non v’è un solo caso in cui un cliente senta il dovere di continuare a elargire il suo denaro alla donna, fino a trasformarla in una mantenuta, e perseveri nel frequentare la cortigiana che lo ama. In sei mesi, o al massimo in un anno, si verificano attriti e, benché il legame non si spezzi, i loro sentimenti si allontanano senza motivo, rendendo vane le promesse che si erano scambiate: è davvero raro che la relazione abbia un esito felice. In fondo è una regola fissa per i bambù lungo il fiume affidare il proprio corpo senza pensare al dopo. Sebbene se ne sia consapevoli fin dall’inizio, ci si impegna per un futuro illimitato, aspirando alla longevità di gru e tartarughe, si invitano le compagne in camera per ostentare l’armonia nel rapporto, si prova gusto ad essere canzonate, si gradiscono vivamente gli scherzi del buffone della casa, abile nell’imitare gesti e modi del cliente; inviata una lettera si attende con ansia la risposta di un profano quasi fosse il responso della divinità Dōsō, si giunge persino a pretendere che si l’amato a scrivere la lettera ai propri genitori; il giorno in cui egli rimane, si pone un paravento davanti alla grata, per celare le espressioni sgradevoli di un cliente, si rimpiange persino la pausa per il bagno, non si mostra il viso neppure al padrone della casa, si rinvia al giorno seguente l’appuntamento fissato con il parrucchiere, si giunge una malattia per rifiutare l’invito presentato dagli inservienti di Nakanochō, si ascoltano con invidia le maliziose chiacchiere di istruttrici e inservienti, ci si lagna di non avere ancora ricevuto il compenso, e si finisce con lo stendere il corredo fornito dal padrone persino ai clienti delle cortigiane supplenti. Il cliente poi è sempre meno disponibile, trascura la propria attività e la famiglia e infine rischia di compromettere la sua posizione sociale. Nei testi antichi è scritto: colui che è sconvolto dalla passione per le artiste trascura il sentimento, esaurisce tutto il danaro, consuma le sue vesti. Ogni gioia si attenua e la tristezza diviene più profonda. Invero sono luoghi in cui si celano insidie. Le case delle cortigiane sono una sventura. È un mondo da temere e da evitare.

Jippensha Ikku

(1765-1831)

Traduzione di Lydia Origlia.

“Intrattenimento del cliente abituale” (Irokyaku no zashiki), in  Gli annali delle case verdi  (Seirō ehon nenjū gyōji, 1804),

da: Gian Carlo Calza, Utamaro e il quartiere del piacere, Milano, Electa, 2009, pp. 43-44.

 

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Quasi una cronaca della vita quotidiana delle cortigiane dei quartieri del piacere, Gli annali delle case verdi dello scrittore satirico Jippensha Ikku, illustrati da Utamaro, grande cantore della donne del quartiere chiuso, presentano le relazioni fra le cortigiane e i loro clienti in maniera disincantata e del tutto priva del romanticismo cui siamo abituati quando a parlare dei quartieri del piacere sono autori non giapponesi e, soprattutto, di autori nostri contemporanei. Jippensha, invece, descrive ciò che conosce. La sua è una testimonianza di prima mano. Un’introduzione al mondo “dei fiori e dei salici” che ci permette di cogliere qualcosa di un luogo duro e in cui la vita era difficile, un mondo “da temere e da evitare”.