Mukashi mukashi. Letture per farci compagnia. Storie in 31 sillabe. 2a parte.

Le amiche alla stazione. Kyōto, aprile 2017.

Storia

di un paio di lenzuola

appena cambiate

e subito imbrattate

da un corpo cosparso di cacao.

 

Storia

della persona

che stringo tra le braccia

e il cui contorno svanisce

nel momento stesso in cui la guardo.

 

Storia

che alcuni bambini

con i capelli a spazzola

ascoltano a bocca aperta

in una notte d’inverno.

 

Storia

di un uomo che riesce

a superare l’inverno

tagliandosi i baffi

e il pizzetto.

 

Storia

di una vecchietta

che grida spaventata

“È velenoso! È velenoso!”

la prima volta che vede il caffè.

 

Storia

triste di un uomo

che ascolta i racconti del proprio paese

dalle castagne

mescolate al riso della propria ciotola.

 

Storia

dei dieci piccoli

di un cinghiale

bolliti e mangiato

in un villaggio senza favole.

 

Storia

dello scroscio rinfrescante

che attraversa le mie orecchie

di una cascata lontana

di cui non ricordo più il nome.

 

Hōichi,

io di certo

avrei scritto

una storia adatta

alle tue orecchie.

 

Storia

dei biscotti secchi

sottratti in una notte buia

dall’ufficiale

che non voleva condividerli.

 

Storia

di un oni rosso

che ritrovò il buonumore

mangiando

otto manjū a forma di pesca.

 

Storia

delle ali che avvolgono il mondo

attraversando i sogni beati

di un cane

addormentato.

 

Storia

della soda

che scorre giù nello stomaco

nel corso di un banchetto

più incline all’odio che all’amore.

 

Storia

del disappunto provato

comprando caramelle al gusto di tormenta

pensando che fossero

al gusto di nevischio.

 

Storia

di una persona

che osserva dalla finestra

la persona amata

che finge di vendere mele.

 

Storia

di un uomo in viaggio

che attraverso i raggi della luna

lesse la parola

“Londra”!

 

Storia 

divenuta illeggibile da quando,

dopo essere stata abbandonata,

i caratteri

hanno cominciato a sbiadirsi.

 

Storia

del convoglio ferroviario

che procedeva verso ovest

sempre più verso ovest

pieno di merci che stavano marcendo.

 

Storia

di una mela nera

che nessun conosce

che davvero

nessuno conosce.

 

Storia 

di una minuziosa indagine

in seguito alla quale

si è scoperto che a un criminale

piacevano le coppe di gelato.

 

Storia

della vecchia

che nell’ultima sera di vita

dei primati

scruta il cielo in ebollizione.

 

Storia

di tutti i libri

a cui in un batter d’occhio

crescono gli arti

e fuggono dalla Terra.

 

Storia

di chi non può tornare al proprio paese

a causa dei disegni mimetici

che aderiscono perfettamente

al proprio petto.

 

Storia

dei biscotti preziosi

ammollati e diventati cattivi

per essere entrati in uno stagno

fino alla vita.

 

Storia

di un uomo caduto

in fondo a una valle

gridando

“non avevo intenzione di imbrogliarti!”.

 

Storia

della piccola chiave

da me tenuta al caldo nel mio cappotto

che consegno

il giorno in cui mi metto in viaggio.

 

Storia

di due continenti

che dopo essersi distanziati in silenzio

non condividono più

la stessa civiltà.

 

Storia

di una bella scena

da me letta e riletta

di un paio di guanti

riposti in un cassetto.

 

Storia

di un ragazzo che fugge

da una yamanba

e perde una gamba

per una mina.

 

Storia,

forse vera o forse falsa,

tracciata 

in cielo

da una nuvola.

 

Ishikawa Mina

(n. 1980)

 

Traduzione di Andrea Maurizi.

Da: Monogatarishū (Raccolta di storie, 2006),

in: Internazionale. Storie, n. 1134, anno 23 (2016), pp. 42-43.

 

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Le Monogatarishū di Ishikawa Mina, una delle poetesse più interessanti del tanka contemporaneo, sono state tradotte in inglese con il titolo di Tales in tanka, ed in effetti questi racconti in sole 31 sillabe, che qui trovate nell’efficace traduzione di Andrea Maurizi, costituiscono un nuovo, intrigante sottogenere poetico, di godibilissima lettura.