Pochi al mondo conoscono la bellezza dell’irezumi – il tatuaggio. E ancora meno sono coloro che subiscono il fascino insito nel gesto di imprimere una vita segreta su un corpo umano.
Quest’ignoranza è probabilmente dovuta a tenaci pregiudizi. Vedendo, all’angolo di una strada, un poco di buono con un rozzo motivo ornamentale inciso sulla pelle – probabilmente l’opera di qualche dilettante -, in tanti penseranno: “È questo l’irezumi!” E daranno per scontato che a farsi tatuare sia soltanto la feccia della società: balordi di ambo i sessi, canaglie affiliate alla yakuza, ogni sorta di perdente nella battaglia per l’esistenza. Perché la maggior parte delle persone chiudono intenzionalmente gli occhi davanti alla verità storica.
“Il tatuaggio è l’incarnazione della libido”, ha detto uno psicologo. Da una parte abbiamo un lungo ago acuminato, dall’altra l’epidermide perforata, e liquido che sgorga. C’è chi dà e chi riceve: si possono chiaramente vedere, in quest’atto, le due facce di una stessa medaglia.
Di conseguenza, trattandosi di un istinto umano primordiale, quando già si pensava che l’usanza dell’irezumi fosse stata sradicata, ecco che a un certo punto, come la Fenice, è risorta dalle sue ceneri.
Per i giapponesi – educati, secondo il pensiero confuciano, a preservare intatto il corpo ricevuto dai genitori -, non è facile capire perché attualmente, nelle società occidentali, i tatuaggi siano diffusi soprattutto negli strati sociali più alti, e non il contrario. Ignorano che fino a un’epoca recente erano in voga nell’aristocrazia europea, e apprezzati da dignitari e teste coronate. Se cerchiamo nella storia il nome dei sovrani che si sono fatti incidere sulla regale pelle un segno permanente, troviamo Edoardo VII e Giorgio V d’Inghilterra, l’ultimo imperatore Romanov di Russia, e la regina Olga di Grecia.
A dare impulso alla nascita di questa moda, non si può negare che abbia contribuito l’alta reputazione di cui godeva, nel mondo intero, la tecnica giapponese dell’irezumi.
Alla fine del diciannovesimo secolo, quando si seppe che il futuro re Giorgio V d’Inghilterra, in occasione di un viaggio in Oriente, aveva fatto tappa in Giappone e si era fatto tatuare, tutti i maggiori quotidiani inglesi, a cominciare dal “London World”, annunciarono l’evento con dovizia di particolari: il principe ereditario si era fatto imprimere sul viso due frecce che sembravano bucargli i lati del naso, com’era costume fra i marinai. Peccato che la notizia, diffusasi per errore, fosse falsa; il che non può sorprendere, in un’epoca in cui il funzionamento delle Poste lasciava molto a desiderare.
Fu uno scandalo. Al Parlamento, in entrambe le Camere, scoppiò immediatamente un’accesa discussione riguardo alla famiglia reale. Il primo ministro, nel corso di un resoconto circostanziato, cercò di placare i membri del partito all’opposizione, sconcertati che l’erede al trono dell’Impero Britannico, purtroppo protetto dall’impunità, avesse tenuto un comportamento inappropriato al suo rango. L’intera popolazione attendeva, con malcelato timore, il ritorno dell’illustre viaggiatore. Finché si capì che per fortuna la storia delle frecce tatuate era una bufala. Nei giorni seguenti i giornali titolavano, per la tranquillità dei sudditi: “Il naso del principe ereditario è intatto”.
Solo questa frase sibillina. Il bel drago tatuato sul braccio di Giorgio non ebbe alcuna conseguenza sul problema della successione al trono.
Takagi Akimitsu
(1920-1995)
Traduzione di Antonietta Pastore.
Da: Il mistero della donna tatuata (Shisei Satsujin Jiken, 1948), Torino, Einaudi, 2020, pp. 3-4.
📖📚📖
Novità in libreria, l’ultima fatica dell’ottima traduttrice dal giapponese (e scrittrice essa stessa) Antonietta Pastore ci presenta un classico della narrativa poliziesca giapponese di uno scrittore finora mai tradotto in italiano: si tratta del primo romanzo del celebre scrittore Takagi Akimitsu, un mistero incentrato su un corpo tatuato, fra sensualità e orrore. Un’ideale lettura per l’estate.