Rileggendo il Genji monogatari un capitolo al giorno. 2. Hahakigi.

 

  

 

Capitolo 2

 

Hahakigi 

帚木
L’arbusto di saggina
 
 
 
  
In cui si narra di una serata di pioggia e di discussioni e di un amore del principe Genji.
In una notte estiva di pioggia, Genji si ritrova nelle sue stanze insieme all’inseparabile amico e rivale Tō no Chūjō il quale intavola un ragionamento sulle donne davanti a un Genji pensieroso e assente. Sopraggiungono altri due personaggi, il Capitano delle Scuderie della Sezione Sinistra e il Funzionario di Terza Classe dell’Ufficio del Cerimoniale che si uniscono alla discussione in cui ognuno traccia il ritratto della donna ideale attraverso l’esempio di trascorse storie d’amore.
(Si tratta di pagine fra le più celebri dell’intero monogatari.)
Ma Genji è distratto e pare assorto in pensieri che lo allontanano dagli amici: forse riflette sul sentimento che lo lega alla consorte del padre, la Principessa del Padiglione del Glicine (Fujitsubo no chūgū).
Nella seconda parte del capitolo, con il ritorno del bel tempo Genji decide di ritornare alla  residenza del Gran Ministro della Sinistra (e quindi della sua stessa sposa, Aoi no ue), da cui manca da tempo: 
Ogni cosa, dall’aspetto della casa al comportamento della sua consorte, rivelava eleganza e raffinatezza, e pur rendendosi conto che quella era la donna perfetta, indispensabile, che poco prima i suoi amici avevano indicato come la compagna ideale alla quale affidarsi, la sua stessa perfezione, la sua padronanza di sé lo mettevano in soggezione e così preferì scambiare qualche frase scherzosa con le dame del seguito. (…) *
Quella stessa sera Genji è costretto ad allontanarsi verso una direzione fausta per evitare un tabù dato dallo spostamento della Divinità del Centro (il cui transito sulla terra attraverso le otto direzioni dell’orizzonte, lungo 6 giorni, le rendeva a turno pericolose).
Luogo di sosta prescelto è la casa del Governatore di Ki nella quale sono ospitate in quei giorni anche tutte le dame della famiglia di suo padre, il Governatore Delegato di Iyo, fra cui la sua giovane sposa (denominata nel capitolo seguente Utsusemi o “spoglia della cicala”). Nella notte Genji riesce a raggiungerne le stanze, attratto dalla fragile bellezza della donna. La avvicina, la solleva fra le braccia per portarla in una stanza interna, dà ordine alla dama di compagnia di ritornare a prenderla all’alba. La donna è sconvolta e tenta di respingerlo:
È come un brutto sogno. È vero che non conto nulla ma, a giudicare dal disprezzo con cui mi trattate, come potrei dubitare che il vostro non sia solo un capriccio passeggero? Non dimenticate che la condizione di una persona ne determina il modo di vivere” – disse, ed era così evidente che trovava umiliante e crudele la condotta del giovane Signore che egli si sentì turbato:
“Non ho sufficiente esperienza per capire le differenze di cui parlate, ma da parte mia trovo odiosa la vostra convinzione che io sia solo in cerca di una qualunque avventura. Penso che forse avrete sentito parlare di me e saprete che non ho mai cercato di imporre la mia volontà a tutti i costi, ma io stesso non riesco a capire il perchè di questa pazzia che merita i vostri rimproveri, ma che forse nasce da qualche volontà del destino.”
Seguitò a parlare con aria grave, ma la donna, ancor più infelice al pensiero che il suo fascino senza eguali la spingesse ad acconsentire, seguitava a mostrarsi fredda, decisa a perseverare nel suo rifiuto, a costo di sembrargli ostinata e insensibile. Docile per natura, ora che si imponeva di resistere, assomigliava a un sottile bambù che non sarebbe stato facile piegare.
Sembrava così sconvolta da ciò che egli le aveva imposto e che le appariva detestabile e crudele oltre ogni dire, che egli ne fu commosso: la sua desolazione era toccante, ma si disse che se si fosse lasciato sfuggire quell’occasione l’avrebbe rimpianta per sempre. **
All’alba Genji lascia la dama col desiderio di rivederla, pur consapevole della difficoltà di inviarle messaggi e della persistente ritrosia della donna, sgomenta per il timore che un sogno potesse rivelare al marito ciò che era accaduto e consapevole della propria misera situazione.
Genji tenta invano di rivederla utilizzando come messaggero d’amore il giovane fratello della dama che ha fatto venire presso di sé promettendo di presentarlo a Corte e “trattandolo proprio come un figlio”. Ma appare un’impresa improba vincere la resistenza della donna che si ostina a rifiutarsi di rivederlo.
Quando, con il passare del tempo, la residenza del Gran Ministro della Sinistra si trova di nuovo in direzione infausta, Genji ritorna all’abitazione del Governatore di Ki, con l’intenzione di avvicinare la donna. Ma, di nuovo, ai messaggi di Genji portati dal suo giovane fratello ostinatamente oppone un fermo rifiuto, nascondendosi proprio come si dice che faccia l’arbusto di saggina (hahakigi)che cresce nel bosco di Fuseya a Sonohara che, visibile da lontano, scompare non appena ci si avvicina.
Le scrive il giovane Signore:
“Senza conoscere
la vera natura
dell’arbusto di saggina
mi sono perduto
nei sentieri di Sonohara.”
Risponde la dama:
“Infelice per essere cresciuta
in una misera capanna di sterpi
non sa neppure di esistere,
l’arbusto di saggina
che scompare alla vista.”***
Genji rinuncia temporaneamente a rivederla. Sarà allora il giovane fratello di lei a tenergli compagnia per la notte.
* Murasaki Shikibu, La Storia di Genji, traduzione di Maria Teresa Orsi, Einaudi, Torino, 2012, p. 40.
** Ivi, pp. 44 e 45.
*** Ivi, p. 50.
 
 
Anonimo, Genji monogatari gajō: Hahakigi, Idemitsu bijutsukan, Tōkyō.
  
Immagine tratta da:  Genji monogatari. Sennen no kagayaki 源氏物語移千年のかがやき(Genji monogatari. Un millennio di splendore), Kyōto, Shibunkakushuppan, 2008.