Ogni volta ci sorprendono, i ciliegi.
Tōkyō la ritroviamo così, sotto una fioritura lussureggiante, di petali e di turisti. Così, a Ueno.
Ma è la nostra Tōkyō, sono le nostre strade, quelle che ritroviamo, ed è facile, allora, per noi, che non abbiamo tabelle di marcia da rispettare, che non abbiamo “must see” da non mancare o intrepidi compagni di viaggio da accompagnare, sfuggire agli itinerari tracciati, ai sentieri battuti dalle folle di turisti onnivori e incantati che si riversano nei viali del parco.
No, non tutti i ciliegi sono a Ueno.
Basta allora scendere a un’altra fermata della Yamanote e incamminarsi. Saremo a Shinagawa, stamane, dopo aver smaltito il fuso ieri passeggiando – e sbandando un poco – per le stradine di Yanaka. Shinagawa quartiere di uffici, di palazzi residenziali di lusso e di prestigiose sedi dei colossi dell’economia giapponese ha i suoi ciliegi, i suoi insospettabili angoli di passato, le sue quiete, appartate bellezze. E nessun turista.
Si gode in tutta libertà la pace di un piccolo altare shintō dedicato a Inari, di un tempio antico su un canale, di un porticciolo turistico addormentato e di stradine di piccoli commerci che ricordano la Shinagawa che fu. Certo non è più il tempo, questo, delle case da tè che attiravano i viaggiatori all’inizio del loro viaggio sulla Tōkaidō (Shinagawa era la prima stazione di posta che si incontrava sul cammino), non è più quel paesaggio di casette affastellate l’una accanto all’altra lungo la riva del mare disegnato con arguzia da Hiroshige, e non vi sono più le cameriere che afferrano viaggiatori e pellegrini per la maniche per sottrarsi a vicenda magri guadagni.
Ma tutto ci ricorda che anche qui Tōkyō ha raccontato le sue storie, Edo ha lasciato le sue tracce, e basta alzare gli occhi al cielo, verso i rami protesi dei ciliegi, per ritrovare il ricordo di donne e uomini che percorsero queste strade. Per scorgerne le tracce e, in quelle tracce, il sogno.