Non è tutto haiku quello che è breve… o no?

E al di là dei cancelli di Hamarikyū kōen... la città. Tōkyō, aprile 2013.

Il problema mi apparve un giorno che stavo guidando attraverso Tōkyō. Mentre stavo aspettando che la luce del semaforo diventasse verde, vidi il seguente annuncio pubblicitario sulla fiancata di un autobus:

Omoiyari hitoni kurumani konomachini.

(Simpatia per le persone, per le auto, per questa città.)

17 sillabe. Era il formato delle 17 sillabe. Dev’essere uno haiku, ho pensato.

Ma quando raggiunsi l’ufficio e ripetei l’annuncio ai miei colleghi giapponesi, nessuno di essi pensò che si trattasse di uno haiku. Sapevo che dentro di sé stavano pensando: “Ma che razza di tipo bizzarro!”

Uno di loro cercò di spiegarmi gentilmente: “Non è uno haiku. È uno slogan pubblicitario.”

Certo, sapevo che si trattava di uno slogan pubblicitario. Ma non si trattava forse di uno slogan-haiku?

 

Da The Haiku Apprentice. Memoirs of Writing Poetry in Japan di Abigail Friedman (Stone Bridge Press, 2006)

La traduzione è mia.