Non haiku né waka. Una poesia in versi liberi per dicembre.

Guardando il mare di sabbia, al Padiglione d'argento. Kyōto, marzo 2013.

Watashi wa maiochiru ko no ha

mata          fumu kutsu no ura.

Watashi wa kusatta tamago

mata          sore o idaku kugui.

Watashi wa yukiore no oto

mata          tsumoru yuki.

Watashi wa kugi no saki

mata          nagareru dozaemon.

Watashi wa yaketa hibashi

mata          nigiru te no hira.

Watashi wa iwa no naka

mata          iwa no soto.

Watashi wa soko no nai tsurabe

mata          sore de kumu otoko.

 

Io sono la foglia che cade,

e la suola della scarpa che la pesta.

Io sono l’uovo fradicio

e il cigno che lo cova.

Io sono il ramo spezzato

dal peso della neve,

e la neve che lo preme.

Io sono la punta del chiodo

e la capocchia del chiodo.

Io sono la corrente del fiume

e il corpo d’annegato che trascina.

Io sono le molle roventi

e la mano che le stringe.

Io sono l’interno della roccia

e il suo esterno.

Io sono il secchio senza fondo,

e l’uomo che attinge acqua con quello.

 

Takano Kikuo

(1927-2006)

 

Traduzione di Paolo Lagazzi e Matsumoto Yasuko.