Al fratello minore Frédéric
Yokohama, 8 settembre 1976
Mio Frédéric,
ti scrivo dal paese dei sogni – quando ti avrò detto che ciò che ne conoscevamo attraverso le immagini era ben lontano dalla realtà!!! È un incanto perpetuo – il nudo in tutto il suo splendore, il costume altrettanto bello che l’antico con in più la varietà del taglio e del colore. Un paesaggio meraviglioso. Infine: tutto. Così non ho abbastanza forze per il lavoro di assimilazione che devo fare. Non aspettarti delle lettere: non ho il tempo di scrivere. Più tardi si vedrà dai miei lavori che non perdo il mio tempo e tu mi perdonerai il mio silenzio.
Il mio dolore è di essere senza notizie. Quando me ne arriveranno? Ti scrivo su carta giapponese, la busta è giapponese. Abbiamo appena fatto su sedie trasportate da corridori [sic] un’escursione di due giorni nei dintorni. Dormendo nelle locande ma con un cuoco che ci precedeva e preparava delle cene come da Brabant e un interprete di scarsa utilità. Noi eravamo quattro, con l’aggiunta di questi due personaggi accessori, i dodici portatori corridori – uno che trascina e l’altro che spinge, sempre correndo – questo in tutto faceva una carovana di diciotto persone più due cani. Altrettanto allegri, dopo aver corso per due giorni, che alla partenza, questi uomini sono straordinari, vestiti di un largo cappello e di una cintura, in mutandoni e a piedi nudi, qualche volta con tatuaggi che gli occupano tutto il dorso, vere opere d’arte di colori diversi che si ha il tempo di contemplare a piacere. Fa un po’ caldo, ma che importa! E la locanda con le piccole cameriere che accolgono i viaggiatori con delle prosternazioni e delle parole di benvenuto come un cinguettio di uccelli. Entrati, ci si tolgono le scarpe, ci si leva fino all’ultimo calzino, le fanciulle vi lavano piedi. Le stesse fanciulle ci passano una grande palandrana (sic) di stoffa leggera di cui si infilano le larghe maniche con il loro aiuto. A questa unica veste si aggiungono i sandali di paglia… L’età dell’oro, né più né meno. Il nostro cuoco giapponese si è superato, le ragazze si interrompono di servire (gli è stato insegnato che è a sinistra che i piatti devono essere presentati) per farci vento.
Nient’altro da chieder loro, del resto, e malgrado la fatica, l’emozione di un primo inizio così fantastico unito alla durezza della stuoia che vi è stata assegnata come letto, con la semplice aggiunta di una spessa coperta doppia, non vi permettono di ottenere il sonno facilmente. Una larga zanzariera ci risparmia le punture degli insetti ma le cicale fanno un frastuono infernale. Potrei continuare così a lungo, se ne avessi voglia. Non mi resta che ottenere una committente dal Mikado – perché no?
Itinerario per inviare lettere: Post Office – Ottobre a Shangai, Cina; Novembre alla Punta di Galle, India; Dicembre 1 a Calcutta, 2 Bombay; Gennaio al Cairo, Egitto. Fare lo sforzo di inviarmi almeno una parola a ognuno di questi luoghi sarebbe meritorio.
Ti abbraccio, e che dispiacere di non averti con me.
Régamey – Sayo Nara! (che vuol dire arrivederci in giapponese o qualcosa che gli si avvicina)
Japon – splendide – Santé – excellente – Travail – énorme – Guimet – charmant
Giappone – splendido – salute – eccellente – lavoro – enorme – Guimet – affascinante
Félix Régamey
(1844-1907)
Da: Keiko Omoto, Francis Macouin, Quand le Japon s’ouvrit au monde, Paris, Gallimard, 1990, pp. 130-131.
La traduzione è mia.
🌊🌊🌊
Félix Régamey, pittore francese, e rampollo di una famiglia di artisti, è una figura interessante di artista e viaggiatore e fu, per certi versi, un protagonista anomalo del giapponismo francese, avendo conosciuto il Giappone direttamente e non solo sognato, immaginato e ricreato. Fu scelto infatti da Émile Guimet, imprenditore lionese e studioso di religioni, come accompagnatore e illustratore ufficiale per il suo viaggio in Giappone, nel 1876, di studio delle religioni “orientali”, da cui riportò una quantità notevole di manufatti (oggetti rituali, statue buddhiste, ecc.) che andò a costituire il nucleo del museo che prese il suo nome, fondato prima a Lione, e poi a Parigi. Régamey tornò di nuovo in Giappone nel 1899. Nel frattempo animò le stagioni parigine cercando di far conoscere il paese che amava tanto, sia attraverso il suo lavoro di pittore, illustratore e docente di belle arti, che attraverso la sua attività di scrittore e polemista. Celebre, in tal senso, la disputa con Pierre Loti: per rispondere al suo Madame Chrysanthème (1885), Régamey diede alle stampe nel 1894 il suo Le Cahier rose de Madame Chrysanthème in cui il pittore dava voce, sotto forma di diario, alla fanciulla giapponese sposata “temporaneamente” dallo scrittore e avventuriero Loti.