Hiroshima, 6 agosto 1945.

Torneremo a Hiroshima. Ripercorreremo gli stessi sentieri nel parco. La stessa strada ci porterà davanti al Genbaku domu. Sarà di sera, nell’ora in cui si fa buio. Sarà tardo autunno e farà freddo. Avremo fra le mani le tante gru di carta piegate all’inizio dell’estate al Japan SunDays. Manterremo la promessa.

Porteremo il nostro ricordo e conserveremo il nostro silenzio.

Quel silenzio attonito che ci coglie ogni volta che torniamo a Hiroshima.

Una sera a Hiroshima. Il Genbaku domu. Viaggio del 1998, o del 2005 o del 2013, non ricordo.
Una sera a Hiroshima. Il Genbaku domu. Viaggio del 1998, o del 2005 o del 2013, non ricordo.

Schegge lucenti e

ceneri bianche sono

come un paesaggio sconfinato.

Il ritmo misterioso dei rossi cadaveri di gente consumata dal fuoco.

È successo davvero? È potuto succedere per davvero?

Il mondo di domani strappato via tutto d’un fiato,

accanto ai vagoni rovesciati del treno

il torso gonfio di un cavallo,

l’odore del fumo che si solleva dai fili elettrici.

HARA Tamiki (1905-1951)

Hiroshima, 6 agosto 1945.
Hiroshima, 6 agosto 1945.

Ridatemi mio padre

ridatemi mia madre

ridatemi i miei nonni

ridatemi i miei figli

ridatemi  il mio essere

e coloro che sono i miei legami

ridatemi gli esseri umani.

Finché sono al mondo

in questo mondo di esseri umani

ridatemi la pace

una pace che non possa essere distrutta.

TŌGE Sankichi (1917-1953)

poesia incisa su una stele nel Parco della Pace di Hiroshima

Hiroshima, 6 agosto 1945.
Hiroshima, 6 agosto 1945.

La poesia dopo Hiroshima e Nagasaki

Si può fare poesia dopo Hiroshima? Questo è il quesito che si impose agli intellettuali all’indomani dell’olocausto atomico. Gengo ni zessuru: questa esperienza al di là delle parole, inesprimibile, poteva essere detta? E come?

Nel 1983, fu pubblicato a Tōkyō un compendio in 15 volumi della letteratura della bomba atomica, il Nihon no genbaku bungaku. Il volume n° 13 era dedicato alla poesia e racchiude, fra l’altro quasi 800 haiku su Hiroshima tratti da antologie pubblicate fra il 1955 e il 1969. Questa scelta costituisce solo una piccola parte degli haiku scritti su Hiroshima e Nagasaki. Vittime e testimoni al tempo stesso, alcuni poeti – come SHŌDA Shinoe (1910-1965), KURIHARA Sadako (1913-2005), TŌGE Sankichi (1917-1953) – continuarono a comporre, dando un nuovo significato al fare poesia dopo Hiroshima; altri divennero poeti perché solo attraverso la poesia sentivano di poter restituire dignità alle vittime e perpetuare il ricordo dell’apocalisse che avevano vissuto.

Il più celebre fra i poeti che hanno scritto di Hiroshima è HARA Tamiki (1905-1951). Dopo essere sopravvissuto al bombardamento atomico, Hara si impose di dare testimonianza dell’esperienza dell’atomica e lo farà con le prose di Natsu no hana (Fiori dell’estate, tradotto in italiano con il titolo L’ultima estate di Hiroshima, 1949) prima di uccidersi, nel 1951, non riuscendo a sopportare il ricordo dell’olocausto atomico. Dopo il 6 agosto 1945, Hara scrisse poesie in metro libero e prose ma solo 23 haiku. Eccone uno:

Campi d’estate:

frammenti di un incubo

lampeggiano davanti ai miei occhi.

C'era il sole, la prima volta che abbiamo visto Hiroshima. Agosto 1998.
C’era il sole, la prima volta che abbiamo visto Hiroshima. Agosto 1998.