Hyakunin isshu. Cento poesie per cento poeti. 18.

Utagawa Kuniyoshi, Fujiwara no Toshiyuki, dalla serie Hyakunin isshu no uchi, 1842 circa.

住の江の
岸による波
よるさへや

夢の通ひ路
人目よくらむ

 

Suminoe no
Kishi ni yoru nami
Yoru sae ya

Yume no kayoiji
Hitome yokuramu

 

Fujiwara no Toshiyuki Ason

(?-901)

 

Perfino nella notte  Anche di notte  Mi chiedo se perfino di notte
che ci sommerge come le onde quando l’onda si infrange  quando le onde lambiscono le coste
che accarezzano la riva di Suminoe, presso Suminoye  della baia di Suminoe
il timore di occhi indiscreti  gli occhi della gente evito sul sentiero dei sogni
allontana l’amata dal sentiero del sogno?  la via del sogno taccio.  cercherai di eludere il mio sguardo.
  Trad. di Sagiyama Ikuko.    Trad. di Nicoletta  Spadavecchia.   Trad. di Andrea Maurizi.

Si confronti la traduzione di Marcello Muccioli:

Di Suminoye / alla spiaggia le onde s’accostano/ persino la notte, sulla /via che in sogno [conduce a te]/eviterò gli sguardi della gente.

 

Fonte per il testo giapponese:

Japanese Text Initiative della University of Virginia Library.

Le traduzioni sono tratte da:

Sagiyama Ikuko (a cura di), Kokin Waka shū. Raccolta di poesie giapponesi antiche e moderne, Milano, Ariele, 2000.

Nicoletta Spadavecchia, Michelangelo Coviello (a cura di), Fujiwara Teika, Tanka. Antologia della poesia classica giapponese, Milano, Corpo 10, 1990.

Andrea Maurizi, Poesie di cento poeti in Virginia Sica, Francesca Tabarelli de Fatis (a cura di), Lo spirito giovane della calligrafia classica. Personale di Kataoka Shikō, Trento, Go Book, 2006.

Marcello Muccioli (a cura di), Fujiwara Teika, La centuria poetica, Milano, SE, 2010 (1a ed. Firenze, Sansoni, 1950).

☛ Ho scelto queste traduzioni e non altre, che pure esistono, perché già nella mia disponibilità.

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L’immagine che ho scelto per illustrare il waka n°18 è di Utagawa Kuniyoshi (1797-1861), artista del tardo periodo Edo la cui sensibilità è, inevitabilmente, molto diversa da quella che ha dato origine al componimento poetico del poeta Fujiwara no Toshiyuki.

E in questa immagine, ecco cosa vedo.

Nella stampa di Kuniyoshi la scena compare nettamente divisa in due parti: il primo piano occupato dai tre personaggi che sostano lungo una spiaggia e lo sfondo in cui cielo e mare sembrano confondersi.

La baia di Suminoe, o Sumiyoshi secondo un’altra denominazione dei luoghi, è una località celebre sin dall’antichità per un santuario dedicato alle divinità del mare (Sumiyoshi Sanjin) e per un caratteristico ponte a tamburo, ancora esistente, il Sorihashi, il cui profilo doveva ricordare ai visitatori l’arcobaleno che, al pari di un ponte, collega il cielo alla terra.

Fra i pini dai profili tormentati che sembrano punteggiare la battigia nella parte superiore della stampa di Kuniyoshi, è proprio la caratteristica silhouette del ponte a comparire, luminosa e come fluttuante sul mare, immagine fiabesca di un ponte dei sogni che forse il poeta vorrebbe evocare. Secondo le convinzioni dell’epoca, una persona davvero innamorata avrebbe visitato in sogno il proprio amante. Resta da capire se, nei versi di Toshiyuki, sia l’amante del poeta a non fargli visita per timore delle maldicenze o il poeta stesso a trattenersi, mentre riflette sui propri sentimenti.

E in primo piano, sulla superficie della spiaggia forse inondata dalla luce della luna, sosta il poeta, dai lunghi baffi alla foggia cinese, che indossa l’elegante seppur informale abbigliamento di corte: una veste “da caccia” kariginu dagli eleganti motivi su fondo verde e gli ampi pantaloni  a sbuffo sashinuki di color viola melanzana. Il braccio destro levato, come a schermarsi, sembra assorto nell’osservazione del ponte che emerge fra i pini, in lontananza. Accanto a lui, accosciati, l’inserviente dal volto rugoso e espressivo che reca l’ombrello chiuso, insegna di rango, e il giovane attendente che reca la spada, dalla veste il cui colore rimanda alla fodera del kariginu del poeta in un gioco di richiami interni di cui Kuniyoshi è maestro, lasciano Toshiyuki alle sue riflessioni solitarie e notturne, tutti presi, come sembrano, dalla propria stanchezza.