Il cielo punteggiato di fiocchi gelati, un uomo quasi avvolto dal suo ombrello di carta, un portatore che trascina le gambe immerse nella neve, una cagnetta che osserva i suoi piccoli accanto a cesti pieni di patate. La scena è quella di una giornata invernale bianca di neve, in una località che sembra isolata e che invece era collocata nel centro di Edo. Il ponte Bikuni (ponte della monaca), prende il nome da figure di donne ai margini, che un tempo giravano per le strade del Giappone travestendosi da monaca e che si prostituivano in bordelli da poco, come quelli che sorgevano in questa zona.
Ma questo è anche un luogo dove si può mangiare a poco prezzo. L’insegna a destra indica la specialità del piccolo banchetto, patate dolci arrosto, una ghiottoneria molto apprezzata dagli edokko (i cittadini di Edo) nella stagione invernale. Qui pare che siano “più dolci delle castagne”. L’insegna in primo piano sulla sinistra, invece, promette yamakujira, ossia “balena di montagna”, un immaginifico eufemismo per indicare cacciagione (persisteva in quei tempi, anche se non rigido, il tabù buddhista sul consumo della carne, e in particolare della carne dei mammiferi). In questo piccolo ristorante si potevano così gustare specialità a base di carne di orso e di cervo, di tasso o di lupo e di altri piccoli mammiferi la cui carne, secondo le credenze dell’epoca, aveva particolari poteri rinvigorenti. E questo senza nessun peso sulla coscienza.
Oltre il ponte, sullo sfondo, si intravedono tetti imbiancati e la torre di avvistamento degli incendi, che svetta lontana. Ma tutto sembra ovattato, silenzioso. Persino i cagnolini sembra guardarsi attorno immobili.
Andō Hiroshige (1797-1858), Meisho Edo hyakkei (Cento vedute di luoghi famosi di Edo, 1856-1858).