Mukashi mukashi. Letture per farci compagnia. Cambiare natura.

«Fu circa un anno fa. Mentre mi trovavo in viaggio, mi fermai per la notte in una locanda nei pressi del fiume Ru. Mi ero appena

Keisai Eisen (1790-1848), La tigre e la luna piena.

addormentato, quando mi svegliai all’improvviso sentendo che fuori qualcuno chiamava il mio nome. Uscii all’aperto seguendo il richiamo: da qualche parte nel buio la voce continuava a chiamarmi con insistenza. Istintivamente cominciai a correre, cercando di raggiungerla. Mentre correvo come ipnotizzato, senza neanche accorgermene presi la strada per la montagna inoltrandomi nella foresta. Dopo non so quanto tempo, mi trovai a correre con le mani che graffiavano il suolo. Avevo la sensazione che tutto il mio corpo fosse pervaso da un’energia irrefrenabile, e nella mia corsa potevo sorvolare le rocce con grande facilità. Mi accorsi che sulle mani e sulle braccia erano spuntati dei peli. Quando si fece un po’ più chiaro e andai a specchiarmi in un ruscello, vidi davanti a me una tigre. All’inizio non credevo ai miei occhi. Subito pensai: “Deve essere certamente un sogno”. Mi era già capitato di fare dei sogni in cui mi rendevo conto di sognare. Ma quando fui costretto a riconoscere che non era affatto un sogno, rimasi stupefatto. Poi terrorizzato. Pensavo che anche le cose più terribili potevano accadere, e provavo una paura spaventosa. Perché era successa una cosa simile? Non capisco. Non capiamo mai nulla. Accettare docilmente tutto ciò che accade senza mai capire la ragione, e continuare a vivere così è il destino di noi creature viventi. Subito pensai alla morte. Ma in quello stesso istante vidi un coniglio passare davanti a me correndo, e tutta l’umanità che c’era in me si dileguò in un lampo. Quando l’uomo si risvegliò di nuovo dentro di me, la mia bocca era macchiata di sangue e i peli del coniglio erano sparsi tutt’intorno. Quella fu la mia prima esperienza come tigre. Quali azioni abbia continuato a commettere da allora sino ad oggi, non ho la forza di raccontare. Ma ogni giorno per poche ore, la mia coscienza umana ritorna. In questi momenti, come una volta, la mia mente può pensare in modo complesso, posso esprimermi nella lingua degli uomini e posso anche recitare versi dei Classici. Se con questa coscienza umana guardo al mio destino, e vedo le tracce delle azioni feroci che ho compiuto come tigre, tanto più grandi sono per me la disperazione, l’orrore e la rabbia. Purtroppo queste poche ore in cui l’umanità ritorna in me, man mano che i giorni passano, si fanno sempre più brevi. Anche se fino a poco tempo fa ho continuato a chiedermi perché ero diventato una tigre, da un po’ di tempo mi è capitato di accorgermi che mi stavo chiedendo perché mai ero stato un uomo. E questo è terribile. Forse in breve tempo la coscienza umana in me sarà completamente oscurata dalle azioni bestiali e scomparirà, come le fondamenta di un antico palazzo restano sepolte sotto terra e sabbia. Se così sarà, finirò col dimenticare del tutto il mio passato e sarò solo una tigre che vaga assetata di sangue, e se ti incontrassi sulla strada in un giorno come questo, forse, non riconoscendo il mio amico, ti farei a pezzi e ti divorerei senza provare il minimo rimorso. Mi chiedo: tutti noi, animali e uomini, non siamo forse stati dapprima qualcos’altro, qualcosa che all’inizio riusciamo a ricordare appena, e finiamo poi col dimenticare? E non crediamo inoltre che la nostra forma attuale sia sempre stata solo quella sin dall’inizio? Ma che importa! Se ciò dovesse accadermi, e l’umanità in me scomparisse per sempre, sarebbe meglio. Tuttavia, quanto è doloroso, spaventoso, angoscioso il pensarlo! Tutti i miei ricordi di quando ero un uomo scompariranno! Chi può capire quello che provo? Nessuno, nessuno. Solo chi si fosse trovato nella stessa condizione potrebbe. Ecco, questa è la mia storia. Ma prima che l’umanità in me si spenga per sempre, c’è una cosa che vorrei chiederti di fare».

Yuan Can e la sua scorta ascoltavano col fiato sospeso l’incredibile racconto della voce dal boschetto. La voce continuò così: «Ecco quello che vorrei chiederti. Come sai, un tempo la mia aspirazione era quella di raggiungere la gloria come poeta. Tuttavia questa vocazione non si è mai realizzata, e mi è toccato questo destino. Delle centinaia di poesie che ho scritto in passato non è rimasto niente, e credo che ormai non si sappia nemmeno dove si trovino. Tra tante poesie ve ne sono alcune che ho imparato a memoria. Vorrei che tu le trascrivessi per me. Non che con questo voglia passare per poeta. Non so quanto valgano queste mie cose, ma non posso morire senza aver trasmesso ai posteri almeno una piccola parte di ciò a cui mi sono attaccato al punto di perdere tutto quello che avevo e di smarrire la ragione».

Yuan Can diede ordine a un uomo del suo seguito di prendere il pennello e scrivere tutto quello che la voce dal boschetto avrebbe recitato.

E per un po’ di tempo, limpida e sonora, si udì la voce di Li Zheng, che dal boschetto recitava le sue poesie. […]

 

Cosa rimane della gloria passata?

tu vai in carri dorati

e io striscio per terra.

Questo dolore dicevo stanotte

ruggendo alla luna

che illumina il monte.

Già la luna impallidiva nella fredda luce del mattino, la rugiada cadeva più fitta e il vento gelido che attraversava gli alberi annunciava l’alba.

 

Nakajima Atsushi

(1909-1942)

 

Traduzione di Giorgio Amitrano.

Da: “Cronaca della luna sul monte” (Sangetsuki, 1942),

in Cronaca della luna sul monte e altri racconti, a cura di G. Amitrano, Venezia, Marsilio, 1989, pp. 43-46.

 

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Considerato uno dei racconti più perfetti del Novecento giapponese, Cronaca della luna sul monte è un capolavoro di Nakajima Atsushi che proprio nell’arte del racconto eccelleva. La sua trasformazione di una leggenda cinese di epoca Tang nel dramma lacerante di un uomo moderno testimonia della sua capacità di ibridare la sua conoscenza profonda dei classici cinesi con la sensibilità di un uomo del XX secolo dalla cultura vastissima, carico di un bagaglio di letture frenetiche che spaziavano dai contemporanei giapponesi all’Ottocento europeo. Un autore scomparso troppo presto, ma che ha lasciato gioielli per noi ancora tutti da (ri)scoprire.