Una passeggiata mattutina a Ginza. Se il lèche-vitrines è d’obbligo, in questo sfavillante tempio del lusso, nella Tōkyō dei gioielli architettonici progettati dai grandi studi internazionali a me viene spontaneo guardare verso l’alto… Ma se fra i cartelloni scopro il “divo” Bandō Tamasaburō che sorride, allora non può che tornarmi in mente quello che ho studiato dello star-system del teatro kabuki di periodo Edo. Erano gli attori del kabuki, infatti, a dettare i colori di moda per le mogli dei mercanti e le cortigiane, erano loro a lanciare nuove fogge di kosode, nuovi modi di allacciare l’obi, erano loro a fare pubblicità a creme o tè verde, concedendo ai produttori di accompagnare le merci con i loro ritratti, certo non per generosità.
Mi diverte che il kabuki abbia ancora questa “forza di persuasione”, e che un attore di kabuki, uno dei più grandi, sorrida da un cartellone in modo rilassato, senza le pose accigliate dei grandi del passato sulle stampe del mondo fluttuante, è solo segno di questi nostri tempi.
Abbasso lo sguardo, il semaforo è diventato verde. Posso tornare a mescolarmi alla folla.