Una promenade ben poco giapponese, in realtà, ma che è valsa la pena e che raccomando…
Quello di oggi è un itinerario molto personale, una fuga fuori città per visitare un luogo speciale: la casa, meglio, il castello di Alexandre Dumas. Uno scrittore prolifico, un uomo dai grandi appetiti e dai grandi ideali, di estrema generosità, autore di libri che tutti noi conosciamo per fama o abbiamo letto da ragazzi (anche se non si tratta di narrativa per ragazzi, ma tant’è): I tre moschettieri, Vent’anni dopo, Il visconte di Bragelonne, Il conte di Montecristo.
Già, Il conte di Montecristo, una formidabile storia di vendetta. Un libro che ho amato e letto più volte. E, appunto, nei miei studi nipponici ho poi approfondito una storia di vendetta che ha giocato un ruolo di estrema importanza nella costruzione dell’immaginario giapponese moderno: la vendetta dei 47 vassalli fedeli di Akō (Akō gishi), meglio conosciuti come i 47 rōnin. Una storia che mi ha tenuta impegnata cinque anni e che non smetterò mai di approfondire, di studiare. Troppo importante, secondo me, per capire molti aspetti del Giappone del periodo Edo.
Sì, le storie di vendetta mi intrigano, come se in qualche modo appagassero il mio senso di giustizia. E Il conte di Montecristo è un romanzo che si legge tutto d’un fiato, nell’ansia di conoscere il destino di Edmond Dantès. Ma, se il piccolo castello fatto costruire da Dumas si chiama Montecristo è proprio perchè il romanzo ebbe un successo enorme fin dalla sua pubblicazione come feuilletton (1845-1846): un’amica del suo autore, chiedendo al conducente di un fiacre di portarla a casa di Dumas e non conoscendone l’indirizzo, chiese di portarla a casa dell’autore del Montecristo. Dumas si decise allora a chiamare così la dimora.
Un piccolo castello di gusto eclettico in mezzo a un parco lussureggiante di stile inglese e, accanto, un padiglione circondato dall’acqua: chiamato “castello d’If” (ancora un nome ricavato dal romanzo Il conte d Montecristo), il piccolo padiglione neogotico permetteva al suo proprietario di isolarsi completamente per dedicarsi alla scrittura.
In mezzo ai boschi di Port-Marly, questa piccola fuga lontano (non poi molto, in realtà) da Parigi è un tuffo nella vita intellettuale della Parigi del XIX secolo, il periodo d’oro del romanzo francese (Hugo, Balzac, Zola…) ma anche un’occasione per rilassarsi lontano dalla pazza folla dl turismo di massa: una pausa tranquilla, ma stimolante per le mille domande che inevitabilmente ci vengono alla mente davanti ai luoghi della creazione letteraria.
Letto in una delle sale del castello di Montecristo:
“Viaggiare è vivere nel modo più pieno. Dimenticare il passato e il futuro e vivere solo il presente.”
Alexandre Dumas
(cito a memoria e sottoscrivo)