Meigetsu ya
tatami no ue ni
matsu no kage.
Bella luna d’autunno!
Sui tatami
l’ombra del pino.
Takarai Kikaku (Enomoto Kikaku, 1661-1707)
La luna piena di metà settembre è forse la luna più bella nel sentire dei Giapponesi. Un tempo era consuetudine tenere cerimonie ufficiali in omaggio alla luna, durante le quali i poeti creavano componimenti ad essa dedicati.
Tsuki hayashi
kozue wa ame o
mochinagara.
Luna veloce:
le cime degli alberi
sono impregnate di pioggia.
Matsuo Bashō (1644-1694)
Ma ancor oggi per molti è piacevole riunirsi in luoghi particolarmente suggestivi ad ammirare la luna piena, magari mangiando degli odango, sorta di palline di pasta di riso.
Questa tradizione sarebbe stata stabilita sotto il regno dell’imperatore Montoku, nell’851, ma diventò una consuetudine popolare solo a partire dal XVII secolo.
Ma se la bellezza della luna è un po’ nascosta, allora sì che ammirarla diventa una gioia che è bello, incomparabilmente bello, condividere…
“La luna che spunta poco prima dell’alba, dopo che l’abbiamo attesa così a lungo, ci commuove più profondamente della luna piena che splende limpida per migliaia di leghe. E quale incomparabile bellezza ha la luna quando, soffusa di un riflesso verdastro, la si scorge tra le cime dei cedri in mezzo alle montagne, o quando per un attimo si nasconde dietro un ammasso di nuvole durante uno scroscio improvviso! Lo scintillio delle foglie del noce o della quercia bianca che sembrano bagnate dei raggi lunari colpisce nel profondo del cuore. Tutt’a un tratto si rimpiange di non essere nella capitale, tanto è il bisogno di vivere quell’istante assieme a un amico.”*
Kenkō
* Da Tsurezuregusa (Ore d’ozio), 1330 circa.
In italiano, di questo classico di periodo Kamakura esiste una nuovissima traduzione condotta da Adriana Boscaro sull’originale giapponese e edita da Marsilio editore, Venezia, 2014.
Più del bel sole
la fredda luna scalda
i nostri cuori