Nei nostri cuori, Hiroshima.

Hiroshima, una notte del 2013.

Il carro si diresse poi verso il Kokutaiji, attraversò il ponte Sumiyoshi e arrivò a Koi. Fui così in grado di vedere in un unico colpo d’occhio la quasi totalità di ciò che restava del centro. Strade, fiumi e ponti erano in mezzo a quella vuota distesa color argento che giaceva sotto il torrido cielo estivo. E rossi cadaveri rigonfi erano distribuiti in vari punti. Era un inferno nuovo, realizzato con finezza e precisione. Qui ogni traccia di umanità era stata cancellata, a cominciare dall’espressione sul volto dei cadaveri, sostituita con un che di stereotipato, di meccanico. 

Quei corpi, irrigiditi in un istante di doloroso travaglio, erano abitati da una sorta di ammaliante ritmicità. I cavi elettrici sparsi a terra insieme alle infinite macerie erano una trama di spasmi al centro del nulla. Invece, quando vidi i vagoni del treno rovesciati e carbonizzati, e i corpi enormi dei cavalli stramazzati al suolo, ebbi l’impressione di trovarmi in un quadro surrealista. Anche il grande albero di canfora del Kokutaiji era stato sradicato, le pietre tombali disperse ovunque. La biblioteca di Asano, della quale non restava che il recinto esterno, era diventata il centro della raccolta dei corpi. La strada ancora fumava in diversi punti, ed era impregnata dell’odore dei cadaveri. Quando attraversammo il fiume, fui stupito che il ponte fosse ancora in piedi. L’impressione che mi lasciò questa parte della città è più adatta a essere descritta in katakana. Inserisco dunque i versi:

 

Schegge lucenti e

ceneri bianche sono

come un paesaggio sconfinato.

Il ritmo misterioso dei rossi cadaveri di genti consumate dal fuoco.

È successo davvero? È potuto succedere per davvero?

Il mondo di domani strappato via tutto d’un fiato,

accanto ai vagoni rovesciati del treno

il torso gonfio di un cavallo,

l’odore del fumo che si solleva dai fili elettrici.

 

Hara Tamiki

(1905-1951)

 

Traduzione di Gala Maria Follaco.

Da L’ultima estate di Hiroshima, L’ancora del Mediterraneo, Napoli-Roma, 2010, p. 87.

Hiroshima, il giardino Shukkeien il 6 agosto 1945. Targa che ho fotografato nell’agosto 2007.

 

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