Mukashi mukashi. Letture per farci compagnia. Un antico racconto.

Utagawa Kunisada (1786-1865), Bellezza allo specchio.

 

Tanto tempo fa, in un angolo sperduto nella regione di Ōmi, viveva un vecchio di umili origini. Un giorno disse: “Non sono mai stato nella capitale. Vorrei proprio visitarla”, e si mise in viaggio.

La prima cosa che lo colpì fu uno specchio che vide in uno dei vari negozi nella zona del Quarto Viale. In quel tempo gli specchi, provenienti da Kumano, cominciavano appena a diffondersi tra la gente comune, ed era possibile trovarli solo nella capitale. Il vecchio, che ne vedeva uno per la prima volta, rimase molto sorpreso. Lo prese tra le mani e lo esaminò: si trattava di un oggetto rotondo e luccicante, che rifletteva belle donne e mercanzie di lusso. Pensò: “Guarda un po’ cosa c’è dentro! Devo assolutamente comprarlo!”. Il venditore, divertito, disse che costava mille monete d’oro. Il vecchio tirò fuori i soldi e pagò.

Tornato a casa, avrebbe voluto mostrare subito l’oggetto rotondo con dentro belle donne e mercanzie di lusso alla moglie e alla madre, ma decise di aspettare un’occasione propizia. Lo nascose quindi in fondo a un baule.

La moglie notò che il comportamento del marito era alquanto sospetto. Aspettò che uscisse, tirò fuori lo specchio dal suo nascondiglio, lo guardò con attenzione e vide che dentro c’era una donna! “Si è portato un’amante dalla capitale e la tiene nascosta qui dentro – disse – ah, che rabbia, che vergogna!” Chiamò anche la suocera e si lamentò: “Guardate qui. Si è portato un’amante dalla capitale. Che vergogna!”

Quando il vecchio tornò dalla montagna la moglie aveva un colorito terreo e un’espressione adirata. Tremando e colpendosi un ginocchio con la mano, la donna disse: “E così, sei tornato dalla capitale con un’amante!”, e piangendo e percuotendosi il petto aggiunse: “come pensi di mantenere questa donna che hai portato in casa? Non possiamo certo permettercela! E poi, alla tua età, vergognati. Ah, che dolore, che dolore!”

Più il vecchio cercava di dare delle spiegazioni, più la moglie andava in collera. Imbarazzato dall’idea che i vicini potessero ascoltare la discussione, il vecchio, mentre consolava la donna, pensò: “Finché non mi sarò liberato dell’oggetto rotondo, la pace non regnerà in questa casa. È il mio nemico, e io lo annienterò”. Sfoderò la spada che veniva conservata tra i tesori della famiglia e lo affrontò. La madre e la moglie fuggirono impaurite dalla potenza dei fendenti. Dopo aver colpito più volte lo specchio facendolo a pezzi, il vecchio, madido di sudore, disse: “Ecco, l’ho sistemato”. Guardò i frammenti, ma ognuno di essi rifletteva la faccia di un uomo! Pensò che si trattasse dell’opera di un demone e gli si rizzarono i capelli dallo spavento. Calmatosi, si sedette su un sacco di crusca di riso, si asciugò il sudore, fece un grosso respiro e pensò che, essendo inutile combatterlo con la spada, avrebbe dovuto prendere l’arco Shigedō dall’impugnatura di sughero nero, con le frecce ornate da penne d’uccello di montagna e attaccarlo con quello.

“Comunque sia, a quest’ora anche il demone sarà bello che sfinito”, concluse. Si avvicinò pian piano, ma i pezzi dello specchio erano esattamente dove li aveva lasciati. Il vecchio si arrese e, pensando che l’onore si conserva solo da vivi, ruppe gli indugi dandosi alla fuga.

Inseguito dallo scintillio dello specchio, si diresse verso i monti, e presto si trovò in un sentiero sconosciuto. Il sole era già tramontato e non si udiva più neanche il canto del cuculo, ma solo il sussurrare dei pini e lo scorrere di un fiume verso valle. Il vecchio rimase stordito da tanto silenzio e si riscosse soltanto grazie al freddo. Scrutò nella direzione dell’esile luce, e facendosi strada tra i cespugli di rovi e i susuki, giunse ai piedi di una roccia ricoperta di muschio, nei pressi della quale, nel folto di alti alberi, sorgeva una piccola capanna.

Facendo appello a tutto il suo coraggio chiese aiuto, e al suo fianco apparve una donna di circa quarant’anni, dai capelli lunghi e inanellati. La donna disse: “Nessun essere umano si avventura mai fin quassù. Cosa ti ha portato qui?” Il vecchio rispose: “Mi sono smarrito e sono giunto in questo luogo. Non so dove trascorrere la notte, vi prego di darmi ospitalità fino al mattino”. Allora la donna lo invitò a entrare.

La capanna al suo interno aveva un aspetto solenne: le colonne e le travi erano annerite dal fumo e sembravano rivestite di lacca. Si vedevano molte belle donne che passando facevano ondeggiare le loro vesti colorate. In un angolo c’erano dei topolini bianchi che giocavano: “Che strano posto!”, pensò il vecchio.

Dopo che al vecchio fu offerta della frutta, la donna tornò e disse: “Qui non ci sono uomini, ma solo donne, Questo luogo si chiama Kakurezato, il Villaggio Nascosto, o Kamegayatsu, la Valle delle Tartarughe. È un posto meraviglioso, dove a volte fa la sua apparizione la divina Benten di Chibushima. La presenza di un uomo è un avvenimento davvero fausto, per questo motivo voglio farvi dono di un tesoro”.

Diede la vecchio un elisir di eterna giovinezza e della polvere d’oro. Quindi aggiunse: “Non raccontate mai a nessuno di questo luogo. Partite quando non si è ancora fatto giorno e seguite fino in fondo il corso d’acqua che scende a valle”.

Il vecchio fece come gli era stato indicato e tornò al proprio villaggio. Cercò sua moglie e sua madre e, trovatele, fece bere loro l’elisir che aveva ricevuto in dono. Vissero tutti a lungo, ebbero molti figli e una vasta e prospera discendenza.

 

L’uomo e lo specchio (Kagami otoko emaki), 

otogizōshi del medioevo giapponese (XV-XVI sec.)

Traduzione di Roberta Strippoli.

Fonte: La monaca tuttofare, la donna serpente, il demone beone. Racconti del medioevo giapponese, Venezia, Marsilio, 2001.

 

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Gli otogizōshi sono racconti trascritti della tradizione orale popolare più antica trascritti fra il XV e il XVI secolo. Se ne conservano circa 400 e derivano da generi diversi: pastiches di monogatari, frammenti epici, racconti di viaggi reali o immaginari, racconti fantastici, racconti di miracoli buddhisti, storie in cui gli animali si comportano come gli uomini. Questo buffo racconto si presenta come un pastiche che mette insieme due storie diverse, una collegata al tema dello specchio e una al tema dell’elisir dell’immortalità e del “paese delle donne”, argomenti ricorrenti nella narrativa popolare. Buona lettura!

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