L’eclisse.

Una luna di luce. Quasi un sole. (La scorsa estate).

 

“Il sole”, gridò in quello stesso momento un abitante del villaggio.

Gli astanti volsero lo sguardo verso il cielo e presero coscienza per la prima volta dell’evento spaventoso che si stava tramando. Il sole che, ancora qualche istante prima, risplendeva tranquillo, cominciava a essere invaso lentamente da un’ombra nera che ne rosicchiava il disco. Non era una nuvola. Un’ombra nera, esattamente della stessa forma dell’astro del giorno: un altro sole, ma nero.

Era un’eclisse.

 

Hirano Keiichirō

da L’èclipse (Nisshoku), tradotto dal giapponese da Jean Campignon, Arles, Philippe Picquier, 1998.

 

Un giovane scrittore giapponese (appena ventitreenne al momento della pubblicazione del romanzo), una storia che si svolge nel sud della Francia, alla fine del XV secolo. Un giovane domenicano, alla ricerca di un manoscritto perduto, la sosta in un villaggio e il suo incontro con il male, l’eresia, le passioni, fenomeni inesplicabili che trasformano il cuore degli uomini e gettano il caos nel mondo. Quello di Hirano Keiichirō è un romanzo di grande bellezza e poesia, di sorprendente erudizione e di indagine sulle radici del bene e del male, solcato da immagini potenti e inconsuete. Peccato davvero non poterlo leggere in italiano.

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