A volte, addentrandomi per qualche vecchia stradina di Asakusa, all’imbrunire, quando si fa più acuto il desiderio dell’oziosa passeggiata, della flânerie, quando si rallenta e ci si ferma a osservare le persone che ti passano accanto, ed è buio all’improvviso, le serrande dei piccoli negozi sono tutte abbassate e attraversi intere gallerie commerciali deserte, a volte basta un rumore di zoccoli che colpiscono ritmicamente l’acciottolato a riportarti indietro nel tempo.
Potresti incontrare Nagai Kafū in quelle vecchie strade e non ti sembrerebbe strano.
I sentieri della nostalgia hanno percorsi che non ti aspetti.
Shōfūan Ragetsu, maestro di haikai, era solito far visita per la festività dei defunti alla sorella, un’insegnante di tokiwazu che viveva a Imado; quest’anno però non vi si era ancora recato e ogni giorno si proponeva di farlo. Tuttavia, per non uscire di casa nella calura del mezzogiorno aspettava sempre l’imbrunire. Quando giungeva la sera andava a darsi una rinfrescata nella tinozza dietro la casa accanto al convolvolo avviticchiato allo steccato di bambù. Poi, così, tutto nudo, si versava il sake e, terminata la cena, si accorgeva d’un tratto, con il fumo degli zampironi che bruciavano nelle case vicine, che la luce del tramonto si era dileguata nella notte. Al di là del davanzale ornato di bonsai e attraverso i sudare provenivano dalla strada calpestii di zoccoli, canti di artigiani, frammenti di frasi. Quando la moglie gli faceva notare che si era fatto tardi, subito Ragetsu usciva di casa per recarsi a Imado; ma appena si sentiva chiamare dagli amici che prendevano il fresco sui panchetti davanti casa, si sedeva con loro a chiacchierare e, tra un sorso e l’altro di sake, ogni sera andava a finire così, a parlare di niente.
Le giornate si stavano accorciando e mattina e sera si cominciava a sentire una certa frescura. Ogni giorno che passava i fiori dei convolvoli si accartocciavano su se stessi. Quando il sole al tramonto, come un fuoco ardente, inondava la piccola casa, giungeva improvviso alle orecchie il frinire straziante delle cicale.
Nagai Kafū (1879-1959)
La Sumida in Al giardino delle peonie e altri racconti, Venezia, Marsilio, 1989.
Traduzione di Luisa Bienati.