Bertolt Brecht ammirava il teatro giapponese e collezionava maschere del nō.
Die Maske des Bösen
An meiner Wand hängt ein japanisches Holzwerk
Maske eines bosen Dämons, bemalt mit Goldlack
Mitfühlend sehe ich
Die geschwollenen Stirnadern, andeutend
Wie austrengend es ist, böse zu seim.
La maschera del cattivo
Dalla mia parete pende un lavoro giapponese, di legno,
maschera di un cattivo demone, laccata d’oro.
Con senso partecipe vedo
le vene gonfie della fronte mostrare
quanto sia faticoso essere cattivi.
Traduzione di Franco Fortini.
Citato in “Beltolt Brecht e il teatro Nō” in Falvia Arzeni, L’immagine e il segno. Il giapponismo nella cultura europea tra Ottocento e Novecento, Bologna, Il Mulino, 1987, p. 214.
Ogni tanto faccio scoperte affascinanti fra gli scaffali della mia piccola biblioteca giapponese. Questo libro, acquistato parecchi anni fa, è una di queste scoperte. L’avevo ripreso in mano per indagare i rapporti fra Rilke e la poesia haiku e vi ho trovato questo saggio su Brecht e il teatro classico giapponese e, insieme, tutta una serie di saggi dedicati al rapporto fra la cultura tedesca e la cultura giapponese. Utile per guardare a una forma di giapponismo poco conosciuta e frequentata (almeno da me): quella che attinse la Germania guglielmina.
Lei ci nasconde
dietro l’ombra nera
mondi fragili
foreste dell’anima
e luci di tenebra