Icone del Giappone. Kumade, un rastrello portafortuna.

 

Un ricchissimo e benaugurante kumade al pianoterra del Tōkyō Tochōsha (Tōkyō Metropolitan Government Building) di Shinjuku. Tōkyō, 7 aprile 2013.

 

A chi fra coloro che hanno viaggiato in Giappone possono mai essere sfuggiti? I kumade sono all’ingresso di musei e ristoranti, ryōkan e uffici. Non passano inosservati, carichi come sono di una panoplia di decorazioni portafortuna, apotropaiche, benauguranti.

In questo periodo dell’anno, a metà novembre, è tempo di cambiare il vecchio kumade che ci ha accompagnato nel corso dell’anno che sta per concludersi e di acquistarne uno nuovo, che ci traghetti pieni di fortuna nel nuovo anno.

Questi particolarissimi rastrelli di bambù (perché tale è il significato del termine kumade), decorati variamente con simboli che rappresentano la buona fortuna (le tradizionali maschere ridenti di Okame, la dea dei raccolti, i simboli della longevità come la tartaruga, della fedeltà come la gru, della resistenza come il pino e il bambù, piccole balle di riso e monete d’oro,  i sette dei della fortuna, lanterne di carta, Daruma e molto altro ancora)  si trovano in vendita presso molti templi shintō.

La gente li acquista per appenderli per un anno intero agli ingressi dei negozi e nelle case. Alla scadenza dell’anno il rastrello viene riportato al tempio, dove viene bruciato ritualmente e al suo posto se ne acquista un altro. Si fa risalire questa tradizione alla consuetudine  dei bushi di offrire al kami della guerra uccelli quali auspicio di buona fortuna in battaglia. Il santuario di Otori ad Asakusa è il più rinomato per questi festeggiamenti anche se, in realtà, è in tutta Tōkyō che hanno luogo attorno alla metà di novembre  le cosiddette tori no ichi (“fiere del gallo”), in un periodo che la tradizione associa al segno zodiacale rappresentato da questo animale.

Una festa per gli occhi il kumade sovraccarico di oggetti al Tōkyō Kokuritsu Hakubutsukan, a Ueno. Tōkyō, agosto 2009.

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