Excusatio non petita (ovvero… non si tratta così un blog).

A Parigi, rue de Richelieu. Ottobre 2014.

Pigrizia? No, tanto lavoro.

Lavoro e studio.

A volte mi sento come una farfalla, anzi, meglio, un moscone che si muove disordinatamente per le vie della città. Vorticosamente.

È la natura del mio lavoro: momenti di riflessione, di letture appassionate e poi, e insieme, incontri in tanti ambienti diversi, con tante persone, conosciute il tempo di un progetto, il breve spazio di un pomeriggio a un festival in cui ci si incontra dopo una serie di telefonate, qualche mail, serrati scambi di idee.  Tanti volti e molti sorrisi. Tutti in un attimo, qui, ora, nel momento presente. E domani chissà.

Poi c’è un punto fermo: le lezioni, le persone che mi stanno davanti, che mi ascoltano con pazienza, che escono il sabato pomeriggio, o la domenica mattina, rinunciando al riposo, al relax per ritrovarsi lì, ad ascoltare, a scambiarsi osservazioni e riflessioni, e non si dimenticano di ringraziarti e salutarti prima di uscire in strada per le ultime spese del weekend, o per un caffè o un tè fra amiche.

Sono i miei allievi, sono amiche e amici: tutti adulti, tutti con il loro bagaglio di esperienze, di preoccupazioni, di stanchezza, di curiosità, di interessi. Forse di sogni.

Senza di loro, che senso avrebbe studiare? Che senso avrebbe cercare di essere una persona migliore?

Forse non ho molto tempo da dedicare a questo blog, forse sembro distratta. 

Ma quando sembro assente, sapete che sono di là, davanti alla mia piccola biblioteca nipponica. Forse sto cercando quel libro che non ricordo più dove ho messo e che mi servirà per la prossima lezione.

So che mi perdonate, vero?

 

Ai miei allievi. A tutti e a ciascuno.

A casa, sugli scaffali.

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