Japonismes. Letture per farci compagnia. Una baronessa belga a Kyōto.

Perché una scelta di testimonianze di un’altra epoca, su un altro Giappone? Perché, mi sembra evidente, il giapponismo non è morto e questa è una realtà. Siamo nel XXI secolo ma, ancora, c’è qualcuno che anela un Giappone da cartolina, che lo evoca in saggi, in memorie più o meno sentimentali, sempre, comunque, ammantate di romanticismo, il romanticismo del ricordo, quando non quello del desiderio o, peggio, dell’ammiccamento a un facile pubblico. Vogliamo costruirci un Giappone di geisha e samurai. Siamo ancora a quello.

Siamo ancora all’orientalismo e scusaci tanto Said.

E allora? Allora vorrei proporre qualche pagina di vecchie testimonianze, impressioni di viaggiatori, memorie, resoconti, osservazioni. Da un’epoca in cui il giapponismo, l’innamoramento, la meraviglia avevano ragione d’essere e chi ne era affetto non sapeva di negare al Giappone la sua identità mentre ne forgiava una più aderente alla propria visione. Fra sogno e desiderio.

Bito (?), Kiyomizu, 1924 circa.

Sono assolutamente entusiasta di Kyoto. Finora non ho visto nessuna località in Giappone che si possa paragonare a questa meravigliosa città, sia per I’antichità e il fascino dei suoi templi con i loro dintorni romantici, sia per la bellezza, più naturale, delle colline boscose e della vegetazione lussureggiante. Kyoto fu per molti anni la residenza degli imperatori, ormai quasi dimenticati. Quando uno si rende conto del fascino di questa inimitabile città, pensa che è stato veramente un gran peccato se, in seguito agli avvenimenti della restaurazione, la capitale è stata trasferita a Tokyo, una città – pur con tutti i suoi pregi – di scarso interesse architettonico, quando si escludono i bastioni in pietra cinti da fossati e le porte insolite ed eleganti, circondata com’è da una distesa di campi piatti e paludosi, per nulla belli né salubri. Kyoto, invece, è veramente il “Vecchio Giappone” e, grazie al cielo, non ci sono cattivi odori! Lo Yaami Hotel, dove siamo alloggiati, è in una posizione splendida. Bisogna fare una bella salita per arrivarci, ma giunti si gode una vista perfetta su tutta la città e le colline lontane. […]

23 aprile 1895 – È venuto Mr. Tuke e ci ha accompagnati a fare un giro turistico. Tra le altre cose, siamo andati al tempio di Kyo-Midzu (Kiyomizu-dera), costruito su enormi palafìtte di legno, dal quale si gode una splendida visuale di Kyoto e delle colline in lontananza, mentre in basso, dal profondo burrone, saliva una vegetazione rigogliosa, varia e profumata. 

Alla sera, accompagnati da uno degli ufficiali della casa imperiale, siamo andati a vedere la celeberrima danza delle ciliege. [sic] Era uno spettacolo veramente incantevole. Circa quaranta ragazze, con sontuosi ornamenti, eseguivano strani, ma aggraziati movimenti, sullo sfondo di uno scenario cangiante e meraviglioso. Le geishe [sic] entrano in palcoscenico da entrambi i lati del teatro, producendosi in scene pittoresche, che dovrebbero rappresentare le varie stagioni. In quell’occasione, terminarono con l’estate e il palcoscenico era situato in un giardino giapponese romantico e fiabesco, illuminato da lanterne e lampade di mille colori differenti. 

26 aprile 1895 – Siamo andati a vedere il palazzo di Nijo, fatto costruire da Ieyasu nel 1601. Per visitarlo occorre un permesso speciale. È, come l’ha definito Murray, un “sogno di dorata bellezza”. Una splendida porta, usata molto raramente, e passare per la quale costituisce uno speciale privilegio, venne aperta apposta per noi; era decorata con splendidi intagli dorati, di foggia curiosa. Dopo aver apposto la nostra firma sull’apposito libro, ci furono mostrate le spaziose stanze e i saloni di ricevimento. Particolarmente belle sono le decorazioni sulle pareti, che spiccano superbamente sullo sfondo dorato, in cedro giapponese e hinoki. I soffitti sono elegantissimi e di legno prezioso. Il locale più impressionante è la sala dei ricevimenti. È letteralmente fiammeggiante d’oro, con chiavistelli dorati di squisita fattura, e i dipinti delle piante di pino sulle pareti colpiscono in modo particolare. In ogni stanza le pitture sulle pareti sono diverse – ciliegi in fiore, uccelli, tigri, crisantemi, gigli eccetera – ma tutte sono meravigliosamente e artisticamente eseguite su uno splendente sfondo dorato. 

Nel pomeriggio abbiamo assistito a una cosiddetta processione religiosa, uno degli spettacoli più curiosi che si possano immaginare. La nostra guida ci ha lasciati in una sala da tè, da dove potevamo assistere al passaggio della processione. Decine di uomini urlanti e vociferanti, seminudi e in frenetica agitazione, trasportavano per mezzo di lunghi pali una mezza dozzina di carri o altari dipinti a colori vivaci. Questi uomini, che avanzavano con passo lento e trotterellante, hanno I’incarico di scuotere l’altare su e giù con movimenti spasmodici. Tra l’arrivo di ciascuno degli enormi altari c’era un intervallo di circa cinque minuti, e ogni volta che uno appariva da dietro l’angolo, si ripeteva la stessa scena folle. C’era anche qualche sacerdote a cavallo a scortare gli altari, ma l’oggetto principale d’interesse erano proprio questi ultimi, decorati con colori brillanti e nel cui interno si pensava trovasse riparo qualche sfortunata divinità, che certamente avrà sofferto un terribile mal di mare, come conseguenza di tutto quello sfoggio di energia. 

27 aprile 1895 – E. e io siamo andati a visitare i giardini di Kinkakuji, dove c’è un monastero e un padiglione che, si dice, è ricoperto d’oro. Per quanto ho potuto vedere, di oro n’è rimasto ben poco. Il giardino, però, è un sogno. È magnificamente disposto, con ponti, ruscelli e tortuosi sentieri, con al centro un lago costellato di isolette, nelle cui acque nuotano carpe dorate e venerabili tartarughe, perfettamente addomesticate… 

3 maggio 1895 – Siamo partiti da Kyoto in una carrozza riservata, accompagnati da tre poliziotti. Questa protezione ci era stata fornita dal governo, che temeva si potessero verificare spiacevoli incidenti con gli stranieri in seguito all’intervento della Russia, della Francia e della Germania nella questione relativa alla rivendicazione da parte del Giappone di territori cinesi, rivendicazione che, nonostante l’esito vittorioso della guerra, venne lasciata cadere, con riluttanza, per le pressioni delle potenze. 

 

Baronessa Eleanora Mary D’Anethan

(1860-1935)
Quattordici anni di vita diplomatica in Giappone, 1912.

Citato in:  Edwin Bayrd, Kyoto, Milano, Mondadori, 1973, pp. 146-147.

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Nata in una famiglia dell’aristocrazia rurale inglese e moglie dell’ambasciatore belga in Giappone negli anni tempestosi attorno allo scoppio della guerra sino-giapponese, la baronessa D’Anethan ha lasciato del suo soggiorno nipponico un diario ricco e vivace, carico di annotazioni interessanti sul mondo diplomatico, la politica dell’epoca e, naturalmente, sui costumi giapponesi.