Parigi, itinerari giapponesi. 13

O forse no, oggi nessun itinerario giapponese, anche se c’è stata una capatina al negozio Le Chat Huant di rue Galande.

In rue Galande...

Ne sono sicura. ci si abitua alla bellezza. E non intendo per abitudine, non intendo assuefazione, sia ben chiaro. L’indifferenza, la distrazione davanti ai monumenti, ai palazzi, ai parchi, di chi li costeggia ogni giorno nel tragitto da casa al posto di lavoro.

No, non sto parlando di questo. Intendo quel sentimento sottile e volatile, certo, quella specie di piccola commozione che ti prende sollevando lo sguardo e guardando un balcone fiorito, abbassandolo e incontrando le sedie impagliata di un bistrot.

Un clima, un’atmosfera che ti accoglie e in cui ti senti immerso senza difficoltà, ma abbandonandoti ad essa.

Ecco, tutte le volte mi abbandono alla “bellezza” di Parigi fatta non più per me, da anni, della solenne grandezza dei monumenti: li conosco, li so, li amo, li osservo sempre con gioia o stupore, ma è altro qui quello di cui sto parlando.

Sono i saluti ripetuti, i gesti, l’eleganza di una ragazza che addenta una mela su un autobus, lo stile di una donna matura che si passa il pennello del fard sul viso prima di scendere precipitosamente a rue Cler, forse per un appuntamento. Gesti e piccole cose, come lampade accese la sera accanto alle finestre, luci soffuse che denunciano tutta la volgarità di un lampadario centrale, raro a vedersi oltre le finestre senza tende in cui sbircio passeggiando.

La volgarità – cosa che non sopporto e mai potrò sopportare – è la prima cosa che mi viene in mente quando penso all’Italia, oggi. Eppure devo tornare a casa. Eppure non voglio.

Non sto neppure pensando ai problemi della quotidianità – e ben gravi – che dovrò affrontare già da domani, ma solo all’idea di trovarmi davanti agli sguaiati cartelloni pubblicitari, alle scritte urlate, alle grida dei mercanti di illusioni alla tv, alle donne artificiali tutte labbra e silicone (perchè qui non si vedono? sono forse più bravi i chirurghi?), agli uomini sgradevoli, occhiali da sole e abbronzatura esibita.

A tutto ciò che forse fa tanto “dolce vita” per i turisti, ma che io non sopporto.

Vorrei proprio fuggire da tutto questo, ciò di cui non ho mai nostalgia. La bellezza dei furbi e delle furbe non mi provoca un sentimento di nostalgia, bensì fastidio.

E domani è il rientro.

Stasera, rientrando dopo cena...