Mukashi mukashi. Letture per farci compagnia. Il flauto della luna.

Utagawa Kunisada (1786-1865), Yokobue (Il flauto), dalla serie Ima Genji nishiki-e awase, 1854.

[…] Venne una sera, una sera d’estate. Il (Gran) Consigliere Murasaki stava percorrendo la gola che da Fukakusa conduce a Daigo, quando all’improvviso si udì il brontolio del tuono. Le colline all’intorno illuminate dai lampi apparvero chiare come in pieno giorno e subito scomparvero, ma il bagliore intermittente rivelò presso i cespugli a lato della strada un oggetto stranamente luminoso che sembrava rispondere alla luce dei lampi. Il Consigliere lo raccolse: era un piccolo flauto.

In quel momento la pioggia aumentò di intensità al punto che sembrò travolgere l’asse terrestre e l’uomo si riparò all’ombra di un grosso pino, costretto ad attendere un attimo di tregua. La pioggia si calmò. Il sentiero nella valle e poi le colline intorno furono rischiarate dalla luce della luna e allora, sulla via che il Consigliere percorreva, avanzò silenziosa la figura di una donna avvolta in una sottile veste bianca, le spalle illuminate dai raggi lunari.

“Vi prego restituitemi il flauto”. La voce era simile al tintinnare di una campanella e aveva in sé la freddezza cristallina e l’autorità di un ordine. “Non sono un essere di questo mondo. Sono al servizio della principessa della luna, ma inavvertitamente ho lasciato cadere il flauto preferito della mia signora e se non lo riporto non potrò più vivere nel cielo. Vi prego di avere compassione e di restituirlo”. 

“Guarda guarda, tutto questo è molto strano – replicò il Consigliere pieno di meraviglia -. Ho sentito dire che un vecchio dipendente al servizio di mio nonno raccolse una volta il mochi del coniglio che sta sulla luna, lo mangiò e per tre giorni potè vedere anche nelle tenebre della notte, ma non ho mai immaginato neppure in sogno che avrei avuto la ventura di raccattare il flauto preferito della principessa della luna. Se il flauto fosse tuo, sarebbe impensabile la scortesia di rifiutartelo, ma noi abitanti di questa terra non siamo abituati a lasciarci sfuggire un’occasione così straordinaria, fintanto che non è un sogno. Prima di tutto vorrei parlare con calma dei nostri mondi così diversi. Per fortuna a poca distanza, nel villaggio di Yamashina, c’è la casa di un mio servitore. È un luogo misero, ma non ti mancherà nulla per una breve permanenza”. La donna angelo sembrò sorpresa e sul suo viso fu evidente la paura. “Devo far presto”. La voce era disperata. “La principessa si stancherà di aspettarmi”. […]

“Cinque o dieci giorni, o un intero mese, per la principessa della luna saranno come lo spazio di uno starnuto. Non sai che la diffidenza è una prerogativa umana? In confronto alla luna il nostro è un mondo misero e volgare, ma ha i suoi piaceri e i suoi lati buoni. Ti puoi perdere nelle tenebre dell’amore, ma puoi anche imporre i tuoi capricci alla persona che ami. Da quanto mi hanno detto, lassù ci sono solo fanciulle come te e neppure un uomo e non deve essere molto divertente. Guarda: la luce di quella luna sospesa sopra la cima delle colline è come un filo che unisce i pensieri lontani di uomini e donne sulla nostra terra, ma ha anche il compito di trasformare in perle le lacrime d’amore. Non ti chiedo di diventare una di noi. Fra cinque giorni ti restituirò il flauto, ma fino a quel momento prova a lasciarti portare dal vento di questo mondo e fa’ sì che le effimere azioni degli esseri umani diventino nel tempo a venire oggetto del tuo svago”. […]

Il Consigliere l’afferrò per le braccia e la sollevò. La donna piangeva, ma non era in grado di opporsi alla sua volontà e dovette avanzare fino alla casa del servitore del Consigliere come questi aveva deciso. Qui alla luce delle lampade, quando l’uomo poté finalmente vederne il volto e la figura, restò senza fiato per la sua eccezionale bellezza. Davanti a una simile leggiadra persona immersa nell’angoscia, anche il più feroce dei nemici non avrebbe potuto restare insensibile. Il suo delicato profumo, più dolce del legno di aloe, riempiva la stanza e si perdeva nella notte. Perduto nel suo torbido fantasticare, il Consigliere avvertì nondimeno un brivido freddo che sembrava trafiggerlo e dubitò dei propri sentimenti. Era uno stato d’animo che mai aveva conosciuto, una piccola, gelida paura che lo colpiva al cuore come un pugnale. Lottò con se stesso. […]

“Cinque giorni! Soltanto cinque giorni!”. Si lasciò sfuggire un gemito come se il cuore gli si spezzasse. “Non farò nulla per trattenerti più a lungo, non ti sfiorerò neppure con un dito. Non passerò la notte in questa casa, non penserò a nulla di sconveniente. È colpa tua se hai fatto cadere il flauto. E se era mio destino raccoglierlo non posso farci niente. Solo cinque giorni, non ti chiedo altro. Domattina al tuo risveglio i miei uomini ti porteranno gli oggetti più preziosi, i cibi più raffinati che esistano a questo mondo. Saranno tuoi fedeli servitori. Nessuno si opporrà al tuo volere; neppure io andrò contro i tuoi desideri, ma ti restituirò il flauto solo fra cinque giorni. La sera quando sarai serena e tranquilla verrò a trovarti, potrò guardare il tuo sorriso e mi basterà udire la tua voce che mi parlerà come tu fai con gli amici, i fratelli, i genitori del paese della luna. Non farmi soffrire. Le tue lacrime mi straziano. Ti chiedo solo cinque giorni. Non possiamo cambiare il nostro destino”. 

Il Consigliere ebbe un lamento disperato, stretto nella morsa dell’agonia. Lasciò la donna al riparo della cortina e uscì sulla veranda. Alzò gli occhi verso la luce tranquilla. Per la prima volta avvertiva acutamente che al mondo esiste il dolore. Chissà per quale motivo, anche soltanto guardare la luna diveniva una sofferenza inesplicabile. Il profumo delicato che l’angelo portava con sé si trasformò all’improvviso nella fragranza stessa della luce lunare e pervase il suo corpo. “Se lassù vi fossero delle lacrime, cadendo sulla terra diventerebbero gioielli”. Indugiò nelle sue fantasie, ma fu preso da una strana tristezza, sommerso da un’angoscia satura di lacrime che lo spinse a uscire di corsa per la via. Poco dopo, con il respiro affannoso e un’acuta pena lacerante, ricordò il corpo della donna; di nuovo fu afferrato da una smania che gli dava i brividi. I sensi divamparono, il corpo fu avvolto dalle fiamme della follia. 

Continuò a correre e come in sogno attraversò boschi e superò valli. Giunto alla sua residenza nella capitale cadde a terra come se il suo corpo si fosse spezzato. 

 

Sakaguchi Ango

(1906-1955)

 

Traduzione di Maria Teresa Orsi.

Da: “Il Gran Consigliere Murasaki” in Sotto la foresta dei ciliegi in fiore e altri racconti, 

Venezia, Marsilio, 2001, pp. 51-57.

 

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Nei racconti della raccolta Sotto la foresta di ciliegi in fiore Sakaguchi Ango, uno delle personalità più affascinanti e trasgressive della letteratura giapponese della prima metà del XX secolo, dispiega tutta la forza della sua immaginazione e una scrittura ipnotica, incantatrice. Il racconto Il Gran Consigliere Murasaki, da cui ho tratto il brano scelto per voi ogi, ne è uno straordinario esempio.