Mukashi mukashi. Letture per farci compagnia. Un curioso incidente.

Marmellata-Giappone: un cartello pubblicitario al Kitte del quartiere Marunouchi. Tōkyō, agosto 2013.

 

L’incidente del pane alla fermata del treno

(Meiekiteisha no pan no jiken)

 

Qualche giorno fa mi trovavo sul treno, quando a una fermata è rimbombato con forza il suono di un allarme proveniente dalle rotaie. Il rumore era particolarmente fastidioso, al punto che più d’un passeggero si è alzato per andare a dare un’occhiata fuori. L’annuncio “Verificheremo immediatamente l’accaduto” riempiva le carrozze, mentre al di là delle porte s’intravedevano gli addetti della stazione correre di qua e di là.

Lo stato di confusione generale ricordava un cartone animato, tipo quelli americani di una volta, con Tom e Jerry che si rincorrevano.

In quel momento, proprio dalle parti dell’uscita più vicina al mio posto, una donna con un passeggino ha richiamato l’attenzione di uno degli addetti con fare nervoso, farfugliando qualcosa. In effetti, poco prima avevo colto distrattamente con lo sguardo il momento in cui si era rivolta con agitazione a un’altra donna con il passeggino dicendole: “E ora che faccio?”. 

“Ehm, ecco, il pane… È quel pane che…”. “Sì, prego? Il pane?”. Alle sollecitazioni dell’uomo, come se fosse ormai rassegnata, la donna ha risposto più chiaramente: “Ecco… è caduto del pane”. L’addetto della stazione ha ribattuto con aria incredula: “Eh?! Del pane?”. “Sì, pane”. “Ha fatto cadere del pane?”. “Sì, mi dispiace”.

Insomma, pareva proprio che fosse stato quel pane, cadendo sui binari, a far scattare l’allarme. Chissà, magari era scivolato via dalle mani del bambino nella carrozzina. Bastava un pezzo di pane a far scattare quell’allarme così forte? Ero impressionata dal livello di precisione dei sensori dei binari.

L’addetto delle ferrovie che aveva raccolto la confessione della dona ha trasmesso immediatamente l’informazione agli altri addetti con una ricetrasmittente. “Pare sia caduto del pane”.  Attraverso la ricetrasmittente si è sentita anche la risposta dell’interlocutore. “Del pane?”. L’addetto ha ripetuto ancora una volta: “Del pane”.

La voce si è sparsa sulla banchina, oltre che nei dialoghi attraverso la ricetrasmittente. “Pare che sia caduto del pane”. “È caduto del pane?”. “Sì, del pane”.

E ancora, da tutt’altra direzione si sentiva esclamare: “Pare fosse del pane!”. “Eh, cosa?”. “La cosa che è caduta… Era pane”.

Gli addetti delle ferrovie correvano a destra e a sinistra, mentre tutti ripetevano “pane” all’unisono. La notizia si era sparsa rapidamente. Era curioso il fatto che la parola “pane” corresse di bocca in bocca tra gli addetti con la stessa gravità con cui avrebbero parlato di incidenti ben più seri. Intanto la donna con il passeggino continuava a essere palesemente nervosa: probabilmente neppure lei avrebbe immaginato di poter scatenare tutto quel trambusto.

All’interno del treno, la notizia che si trattava solo di pane aveva rasserenato l’atmosfera, sembravano tutti molto sollevati. C’era anche qualche studente che sghignazzava ripetendo: “Pane… ma tu pensa!”.

Grazie a quella parola, “pane”, così in contrasto con il suono eccessivo dell’allarme, tutto si era risolto in un tranquillo evento di una giornata qualsiasi.

Quando avevo sentito che era caduto del pane, mi era venuta in mente la forma tonda dei panini ripieni di crema o anko, o quella del melonpan. Senza dubbio la donna l’aveva comprato nella panetteria di una di quelle gallerie commerciali vicine alle stazioni, e glielo avevano avvolto in una pellicola trasparente. Non potevo dirlo con certezza, ma di sicuro nella testa degli altri passeggeri erano passate altre immagini. È probabile però che non fossero molti quelli a cui erano venuti in mente una fetta di pane in cassetta, un filoncino francese, o ancora un panino farcito con pomodori, prosciutto crudo e formaggio. Sono certa che a tutti era tornato in mente qualcosa di semplice e idilliaco, sempre presente fin dall’infanzia; e lo penso perché ho come la sensazione che la parola “pane” possa far sciogliere anche il cuore più ostinato e che la ragione sia nella pura e semplice eco che essa emana con forza.

Nell’istante stesso in cui si sente la parola “pane” – come succede con il riflesso del cane di Pavlov – in ognuno emerge immediatamente il ricordo primordiale che la associa a “qualcosa di semplice e buono”.

Non ho idea se siano poi riusciti a recuperare il pane dai binari, ma probabilmente una volta preso l’hanno restituito alla sua proprietaria. Se a farlo cadere era stato davvero il bambino nel passeggino, doveva essere stato molto triste per lui vederselo scomparire dalle mani all’improvviso.

Alla fine, nei vagoni era stato diffuso l’avviso che diceva: “A causa del pane caduto sui binari, ripartiamo con un ritardo di quattro minuti”, poi il treno aveva lasciato la stazione. Non avrei saputo dire se quattro minuti mi erano parsi un tempo lungo o breve: mi ero resa conto che in ogni caso non avevano una corrispondenza con la mia esperienza personale di quell’evento.

L’incidente del pane era diventato presto acqua passata. I passeggeri avevano ricominciato ognuno la propria attività: chi chiacchierava, chi maneggiava il telefono, e chi ascoltava musica. Il treno era uscito in superficie. Come se l’incidente del pane non ci fosse mai stato, era tornato regolarmente alle sue fermate e alle sue partenze. La gente saliva e scendeva. Nessun altro buttava pane sui binari. Nelle carrozze non rimaneva più traccia dell’atmosfera di sollievo che si era creata quando si era capito che si era trattato solo di pane finito sui binari.

Lasciandomi trasportare dal treno ho pensato che mi sarebbe proprio piaciuto vedere di che tipo di pane si era trattato.

 

 Matsuda Aoko

(n. 1979)

 

Traduzione di Caterina Mazza.

Da: Internazionale Extra, n° 4, Tokyo, estate 2018, pp. 75-76.

 

 

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Il racconto della Matsuda ci immerge in un piccolo episodio di vita quotidiana nella metropoli. In apparenza insignificante, sotto lo sguardo della scrittrice che lo illumina come un flash nel buio assume un andamento epico, il tempo di una breve sosta, un attimo sospeso nel brulicante movimento della città.