Viaggiatore vorrei essere chiamato e seguirti lungo la strada che conduce a nord, lungo i cammini dimenticati dai turisti, nelle piccole valli solcate da fiumi impetuosi, dove sulle rocce bagnate dal sole sostano i pescatori, nell’estate qui più dolce che altrove. Viaggiatore vorrei essere chiamato e anche se i versi del poeta riecheggiano nella mente – mai abbastanza a lungo studiati – dimenticare ciò che è stato detto nelle ere passate e vedere questi luoghi con occhi nuovi. Via, lontano dalle folle dei turisti, in piccole stazioni dimenticate, in piccole caffetterie che sembrano aperte solo per te, che sembrano aspettarti. Il mare è lontano, qui, sembra appartenere a un altro mondo. Qui è l’orizzonte definito dalle foreste, qui è il sottobosco profumato, i funghi abbarbicati ai tronchi, i tronchi che sembrano con infinita forza sorreggere la volta del cielo. Lungo queste valli, lungo i sentieri del Tōhoku vorrei tornare, se me lo permetti, Bashō. Per guardare dall’alto delle rocce la pianura cosparsa di nebbiolina, pensando a ciò che resta dei sogni degli antichi guerrieri.
E poi rituffarmi vorrei nel caos ordinato delle città, la mente riposata e il cuore aperto a nuove emozioni, a nuovi sguardi, a nuove esperienze. A nuovi sogni.
Viaggiatore voglio essere chiamato
ora che cade
il primo scroscio di stagione.
Matsuo Bashō
(1644-1683)