Sul comodino. Libri in lettura. Liberarsi del superfluo, gioire del poco.

Una ricetta per questi tempi? Non so, ma per me quello che suggerisce la scrittrice Dominique  Loreau, che vive da anni in Giappone è una possibilità per liberarsi delle zavorre che ci impediscono di vivere più serenamente. E che sono spesso zavorre che ci autoimponiamo: dai troppi bagagli di un viaggio, ai troppi oggetti di cui ci circondiamo. Vivere più leggeri, e quindi più liberi, più autentici, afferma Loreau, è uno dei sogni più facilmente realizzabili.

Per questo ho apprezzato subito L’infiniment peu (edito da J’ai lu, Paris 2012) e ora me lo tengo caro sul comodino.

‘Più in fretta, anzi, più grande’ è oggi sorpassato. La ricerca della semplificazione, il richiamo ala frugalità diventano LA tendenza. Saturazione di informazioni pletoriche, perpetui dilemmi fra carriera e qualità della vita… la rinuncia al consumismo e ai suoi danni si erge infine in virtù del potere liberatorio. Una volta che i nostri bisogni vitali sono assicurati (abbigliarsi, nutrirsi e avere un alloggio), applicare la filosofia dell’infinitamente poco permette di affrontare qualsiasi cambiamento o rovescio di situazione. E’ allora facile godere di quel ‘poco’ nel quale nessuna delusione è possibile mentre ogni scintilla di gioia è istintivamente rianimata.” scrive Dominique Loreau nel libretto che un’amica mi ha regalato il mese scorso. Un libro dal formato minuto perché risponde alla richiesta dell’autrice alla casa editrice che il libro avesse le dimensioni dei tascabili giapponesi, leggibili agevolmente anche in un’affollata carrozza della metropolitana di Tōkyō. Un libro lillipuziano, questo, da reggere in una sola mano e da poter far scivolare agevolmente in una tasca o nel cassetto di un comodino; un libro da leggere d’un fiato ossia, secondo le statistiche giapponesi, in meno di 90 minuti, ma che subito rivela la propria utilità.

Una citazione che ho trovato in questo libretto mi sembra particolarmente illuminante, ed è di Setouchi Jakuchō, intellettuale (sua è una delle più recenti “traduzioni” in giapponese moderno del Genji monogatari),  scrittrice e monaca buddhista: “Con tutto quello che capita di questi tempi – Fukushima, la crisi economica mondiale  -, abbiamo due scelte: continuare disperatamente a consumare in modo frenetico o fare la scelta di una vita frugale.  Questa seconda soluzione è, in realtà, l’unica.”

Ora che la mia vita è cambiata ed è diventata anche più precaria dal punto di vista economico (destino che condivido con milioni di persone, comunque), il libro della Loreau mi ha aiutato come una piccola lanterna del buio della notte. Come un sorriso.

Solo un appunto, che provenendo da una persona che vive come me circondata da qualche migliaio di libri e che per buona parte della vita ha lavorato  in una libreria è del tutto comprensibile:  in quel poco che Loreau consiglia non potrò mai far stare i libri. Restano la mia vita, l’unica cosa da cui davvero mi è impossibile separarmi. Almeno per il momento.

Uno degli scaffali di casa, zona dei libri francesi.

***

Cosa c’è in questo momento sul comodino?

Vediamo…

In (ri)lettura:

Emma di Jane Austen, sempre assolutamente delizioso.

Angeli custodi, ognuno per ragioni diverse:

L’art de la semplicité di Dominique Loreau, un metodo (vedi sopra),

Night Watch di Terry Pratchett, lo dice il titolo stesso,

Michael Kohlhaas di Heinrich von Kleist, per me, fondamentale,

Abissi d’acciaio di Asimov, perché sì

La caduta di Albert Camus

Quest’ultimo libro perché mi ha insegnato – tanto, tantissimo tempo fa – che occorre sempre assumersi la responsabilità delle proprie azioni.

 

7 commenti

  1. Gentilissima Rossella,
    La ringrazio!!! Anche io sono stata di recente a Parigi – purtroppo sono stata un pò sfortunata, perchè ha piovuto quasi sempre e non ho potuto visitare le Jardin du Pantheon Buddique (scusi la mia pessima ortografia francese ma sto scrivendo di corsa). Ma la mostra sulla collezione Clemenceau al Musee Guimet è stata veramente incantevole, solo nella prima sala mi sono fermata almeno 30 minuti (e non solo io). Se l’ha vista anche Lei capirà il perchè.
    Mi sono concessa ben due matcha da Toraya, ed ho scoperto – ma troppo tardi – che la sala da tè Cha Jin ha cambiato sede…ad ogni modo, ha fatto bene a rivelarlo, perchè mi aspetto anche qualche aggiornamento circa la sua visita a Parigi – lo sa che prendo sempre diligentemente nota dei suoi suggerimenti.
    Sono felice e incantata all’idea che possa tradurre per noi lettori affezionati qualche passo di quel libro introvabile di Inue – che, comunque, a parte la Francia, mi sembra sia trascurato anche dai paesi anglosassoni…chissà perchè, dato che il film, che ho visto malamente su youtube, è veramente pregevole e – mi sembra – piuttosto noto…
    Sono contenta per il successo di tutte le iniziative cui ha lavorato ed egoisticamente spero che torni presto ad aggiornare il blog con tutte le sue indicazioni culturali.

    P.S. Ho appena terminato di leggere il suo “Zen”. Il buddismo in genere è un pò complicato per me, pertanto il suo manuale sarà molto prezioso anche in futuro, per estemporanee consultazioni. Probabilmente, non è un libro da leggere in modo sistematico come ho fatto io, ma mi ha regalato comunque altre preziose informazioni. Grazie!!

  2. Gentilissima Barbara san, riemergo – e Le rispondo in ritardo – dopo un periodo intensissimo di lavoro, con il festival Japan SunDays, a Milano, una fatica ripagata dall’entusiasmo del nostro pubblico e dal successo insperato delle nostre proposte culturali. Non solo. Subito dopo c’è stata una “fuga” a Parigi per una settimana di relax che si è trasformata in una settimana di mostre, incontri, scoperte: è la magia di Parigi, del resto!
    E ora eccomi qui a risponderle. Inoue è uno scrittore che amo moltissimo anch’io. Ma ha perfettamente ragione: l’editoria italiana sembra averlo dimenticato! Temo che al momento non sia prevista nessuna traduzione italiana del bellissimo Le Maître de thé. Che io sappia nessuno ci sta lavorando.
    Circa l’assaggio che mi chiede, invece… Grazie per il suggerimento!
    E la mia risposta è: perché no?
    A un’affezionata lettrice, troppo generosa di complimenti (ma grazie!!!), non si può che dire di sì! :-)
    Restiamo in contatto!

  3. Buona domenica, Gentile Rossella.
    Oggi Le scrivo, pur sapendo – dai suoi ultimi post – quanto sia impegnata in questo periodo – per chiederle una informazione e osando una “preghiera”.
    Sono anni, ormai, che attendo invano una traduzione italiana de “Le Maître de thé”, di Yasushi Inoue. Non riesco a reperirne una copia nemmeno in inglese. Sembra che solo i francesi abbiano avuto a cuore di tradurre l’opera omnia di questo autore che mi interessa. Sa se, per caso, qualche nostro traduttore ci stia lavorando al momento? O se qualche nostra casa editrice stia prendendo in considerazione di tradurre questo libro – di cui, peraltro, persino il film “Morte di un maestro del tè” è irreperebile?
    Questo per l’informazione.
    Ed ora la mia richiesta, che è veramente sfacciata, lo riconosco.
    Non sarebbe così gentile da tradurne lei stessa, a beneficio di noi tutti affezionati lettori del suo blog, almeno qualche brano di questo libro, come ha già fatto con altri testi pubblicati in francese…?
    Solo qualche piccolo assaggio…
    Infine, e non per lusinga, colgo l’occasione per ringraziarla comunque di tutte le informazioni e il sapere e i ricordi che condivide su questo bellissimo blog.
    Barbara, da Roma

  4. Sì, stesso periodo: noi in Giappone dal 23 marzo al 14 aprile. Era il mio decimo viaggio ma questa volta accompagnavo un gruppo di amici/allievi dei miei corsi di Abbiategrasso…
    Circa il mio rapporto con i libri, è sempre duro parlarne. Li amo, ho lavorato in una libreria per 30 anni (non è certo una cosa che si dimentica) ma la libreria ha chiuso e ne porto ancora il lutto. Per un anno, almeno a Milano, non sono più riuscita a mettere piede in una libreria. La ferita è ancora aperta e in più adesso non posso neppure permettermi di acquistarli, i libri. Una beffa.
    E tutti i libri che ho della mia biblioteca giapponese no, non potrei separarmene. Perché li leggo e poi li studio e li utilizzo per i miei corsi. Ne sono consapevole: ognuno di noi ha una propria storia di amore, con i libri. La mia è complessa. Ma, comunque sia, questa storia d’amore mi rende felice. Sempre.

  5. Allora le dirò di un’altra coincidenza: a primavera ero in Giappone nel suo stesso periodo. Io sono arrivata a Tokyo il 23 marzo e sono ripartita il 12 aprile. E’ stato il mio quarto viaggio. Non so se riuscirò a racimolare i fondi per un quinto, ma ci proverò in tutti i modi. Mentre ero laggiù, ogni volta mi capitava di connettermi, leggevo comunque il suo blog con piacere, sapendo che stavamo provando analoghe emozioni.
    Poi, volevo aggiungere un pensiero sul tema specifico di questo suo post. Anche io adoro i libri e sarebbe il mio sogno lavorare in una libreria o in una biblioteca. Ultmamente, però, ho deciso di cedere tutti quei volumi che so non leggerò mai più, o che fanno parte di un periodo ormai passato della mia vita, sul quale sono certa non tornerò, per fare spazio ad altri. Gradualmente, sto vendendoli su internet e su internet ne sto trovando, usati e a basso costo e meravigliosamente tenuti, tanti altri. Soprattutto di letteratura giapponese. Si trovano a prezzi accettabili veramente delle belle edizioni, ad esempio ho potuto acquistare buona parte della collana Mille Gru Marsilio.
    Quindi, in realtà, volevo dirLe due cose: 1) che anche io, in un certo senso, sto cercando di rendere essenziale la mia personale biblioteca, forse non nel senso della quantità, ma sicuramente nel senso delle tematiche. 2) che sul sito comprovendolibri.it si possono trovare dei testi – anche in lingua straniera, talvolta – altrimenti introvabili, e magari le andrebbe di curiosare un pò…
    Anche io ho notato che la Francia ha una attenzione del tutto speciale per le traduzioni e la invidio perchè lei può leggere correntemente in diverse lingue, mentre io purtroppo debbo dipendere dalle traduzioni o, al massimo, leggere qualcosa in inglese…

  6. Gentile Barbara, è un piacere leggere il suo commento, non certo un’intrusione la sua! E mi viene da dire: che bello, abbiamo gli stessi due amori! (ha per caso letto il mio post di qualche tempo fa: http://https://www.rossellamarangoni.it/jai-deux-amours-mon-paris-e-tokyo.html
    Sì, ha indovinato, Setouchi Jakuchō è l’attuale nome di Setouchi Harumi. Altra curiosa coincidenza: nello scorso marzo anch’io sono stata al museo di Uji dedicato al Genji monogatari: delizioso, vero? E tutt’attorno i ciliegi ci abbagliavano con la loro straordinaria bellezza…
    Devo deluderla circa la traduzione. In Italia ci sono fior di traduttori dal giapponese. Bravissimi. Sono le case editrici che fanno scelte diverse. Certo molto meno coraggiose delle case editrici francesi…

  7. Gentile Rossella,
    sul mio comodino, invece, in questo momento c’è il volume dei Meridiani dedicato a Fosco Maraini, un testo di Giancarla Sandri Fioroni (Cerimonia del the – fiore del buddismo zen), che trovo interessante ma terribilmente difficile – visto che del buddismo sapevo praticamente nulla. Poi ho Hemingway, l’Hemingway di Parigi, la sua Festa Mobile. Parafrasando Josephine Baker, io ho due amori, il Giappone e Paris…
    Ma Setouchi Jakuchō non sarà per caso Harumi Setouchi, la famosa scrittrice e monaca che ha lavorato ad una “ricomposizione” del Genji? L’autrice di La virtù femminile e Il monte Hiei? Quando sono andata ad Uji ho visitato il piccolo suggestivo museo dedicato alla storia del principe splendente, e la sua fotografia campeggiava nella splendida biblioteca che raccoglie tutte le versioni, i saggi, e persino i manga dedicati al Genji.
    Mi scusi questa intrusione, volevo solo dirLe che è sempre un piacere leggere il suo blog e mi piacerebbe tanto che, prima o poi, ci comunicasse che sta traducendo qualche bel romanzo nipponico, visto che la letteratura giapponese tradotta è così rara…

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