Una primavera, un viaggio. Kōbe, un’elegante vitalità.

Sakura a Kobe. 25 marzo 2013.

 

Nel freddo della sera le luci si accendono, sorprendendoci. All’uscita da una galleria commerciale in cui ci siamo rifugiati per sfuggire al vento gelido che sale dal mare ci assalgono insegne luminose, scritte d’ogni dimensione, loghi sui palazzi: le luci, insomma, di una sera calata all’improvviso.

É bella la notte a Kōbe. La città è  viva. Se al mattino, attraversandola per andare a visitare Meriken Park e i luoghi della memoria del grande terremoto del 1995, la Kōbe dei grandi palazzi delle banche, dei raffinati caffè e dei negozi di lusso ci ha accolto nella sua elegante bellezza, la sera la città ci rimanda le nostre immagini riflesse dalle vetrine dei grandi magazzini. É tutta nei volti delle persone che si affrettano verso casa, nei pendolari che riempiono Sannomiya, nei passi misurati delle ragazze che si fermano per un’ultima spesa, nelle cartelle dei giovani impiegati che allungano il passo.

Mi viene da ricordare: l’abbraccio dell’amica che non rivedevo da quattro anni, i volti amici per troppo poco tempo ritrovati, i nostri affetti ritrovati.

Della città ricordo: un locale fumoso e carico dell’atmosfera di tempi passati riempito del nostro gruppo e delle nostre entusiastiche osservazioni, il takoyaki attorno a una lunga tavolata, il sorriso della proprietaria.

Della città ricordo. Il santuario Ikuta e la ragazza che ci ha indicato la strada accompagnandoci e ridendo sommessamente alle mie spiegazioni sul nostro eterogeneo gruppo (“adulti che studiano la cultura giapponese”); poi un piccolo altare dedicato a Jizō poco lontano dal porto, il vento gelido che bruciava le mani, la macchia di colore di un tori rosso nascosto fra i ciliegi timidamente fioriti, celati fra due palazzi. I vasi di fiori appesi in mezzo a un viale trafficato; lo stupore sempre rinnovato che mi prende davanti alla rinascita di questa città.

La sensazione come di regalo – questo viaggio in Giappone, un regalo, come ogni minuto qui, un regalo.

Poi, ecco, una mattina scendendo a colazione in ascensore mi assale, feroce eppure insensato, il pensiero di non voler andar via, la consapevolezza che tutto sarà breve, troppo. Che i giorni passeranno veloci. Ecco già qui, che strano, la nostalgia del Giappone.

Una mattina a Kobe. 25 marzo 2013.

1 commento

  1. Cara,
    sto guardando il sito. Il tuo scritto su Kobe è tenero e nostalgico. Le foto: belle. Tokyo di notte è una distesa di stelle luminose. Com’è giusto provare nostalgia già ancora prima di lasciare il Giappone! E come ti capisco: se fossi lì vorrei non tornare più, fuggire e nascondermi da qualche parte. Come Donald Keene vorrei dire:
    “I wanto to live with this people, I want to die with this people”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *