Aki ya. La pioggia, interminabilmente. Nagai Kafu e l’autunno.

 

Case da té a Ogi, nella vecchia Tōkyō. Una foto sbiadita di epoca Meiji mi aiuta a rievocare Kafū...

 

La pioggia, interminabilmente.

 

Alla fine la pioggia si fermò.

Per poco che la pioggia si arresti, quella dell’equinozio d’autunno è di tutte le stagioni la più indimenticabile. Gli ultimi calori di fine stagione se ne sono andati del tutto, l’orlo del kimono senza fodera è fresco e le maniche dello haori di garza non pesano per nulla sulle braccia. Il vento che colpisce le cortine, che si gonfia di un soffio patetico, il cielo inondato da un blu limpido al punto da essere insolito e l’emozione senza limiti da cui allora – senza neppure essere un saggio eremita – ci si sente invasi contemplando le forme delle nuvole che passano, è questo momento dell’anno.

E quando il tempo si copre e il vento si calma, le ali delle farfalle che fluttuano in colori ancora più vivaci, il riflesso immobile dei muri della cittadella, immerso nei fossati, l’acqua degli stagni, l’acqua dei fossi, l’acqua delle pozzanghere della pioggia stessa, che dovunque diventata specchio rinvia l’immagine delle cose, è ancora questo momento.

 

Ieri era la burrasca e avevo chiuso la mia libreria .

Ma, tornato il bel tempo, ho voluto risollevare le cortine.

I crisantemi della siepe non si sono ancora dischiusi,

ma i fiori di cannella sono caduti.

E, per tutto il giardino, gli amaranti hanno cosparso l’autunno.

Nagai Kafū

(1879-1959)

 

Da un vecchio catalogo della casa editrice Philippe Picquier.

Estratto dalla raccolta di racconti Interminablement la pluie. Traduit du japonais par Pierre Faure, Arles, Editions Philippe Picquier, 1994.

 

(La traduzione dal francese è mia.)

Da una stampa di Miyayama Hiroaki che mi ricorda l'autunno.

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