La festa di commemorazione dell’imperatore
Vedete avanzare, sotto la volta alberata, fra la doppia fila di aceri che inquadrano il vallone, una processione di monaci. Come sono solenni nelle loro vesti nere! Eccoli che passano sotto il famoso ponte detto “del firmamento”: non è un volgare ponte che scavalca un torrente di montagna, è un quadro composto da un artista cinese della scuola del Sud [nanga]. I templi zen, tutti, fra i giorni dedicati alla preghiera contano, va da sé, il Capodanno, ma anche il primo e il quindicesimo giorno del mese, [giorni] in cui si celebra l’imperatore.*
La tradizione è vivace poiché la grande assemblea accoglie, in quei giorni, i maestri dei templi della stessa osservanza; tutti, nel padiglione del Buddha e in quello del fondatore, formulano delle preghiere per chiedere una lunga vita per l’imperatore, la prosperità per il Buddhismo e la protezione del Giappone.
Alle sette del mattino, al suono della grande campana del tempio che anima tutto il recinto del monastero, compaiono l’assistente del maestro e il portatore d’incenso. Vengono incontro al maestro, riconosciuto come il religioso di rango più elevato del tempio principale. La grande assemblea è qui, riunisce tutti i monaci senza eccezione che, nelle loro abiti più belli – veste e calzine bianche, stola di cerimonia – scortano il maestro verso l’interno del padiglione del Buddha.
La celebrazione secondo il calendario lunare, che distingue i giorni della nuova luna e quelli della luna piena, mantiene un legame vivace con il pensiero degli antichi, così rispettoso degli inizi. Così si rianima la fiamma vivace che brilla nel cuore del giovane “relegato in giardino”, appena giunto al tempio… Il monaco che prende alla lettera la bella espressione di Yunmen: ” Ogni giorno è un buon giorno”, che gli dà tutta la sua portata e la sua profondità, non si rivelerà come un autentico monaco zen? Qualsiasi cosa sia accaduta prima del 15, quale barlume di luce potrà scaturire da te dopo il 15? La questione è proprio questa: anche se può lasciare i discepoli di stucco, non importa, bisogna che il novizio la affronti.
Satō Giei
(1920-1967)
Fonte:
Satō Giei, Journal d’un apprenti moine zen (Unsui nikki, 1966),
traduit du japonais par Roger Mennesson, Arles, Philippe Picquier, 2010, pp. 80-81.
Edizione giapponese pubblicata da The institute for Zen studies nel 1972.
❖Mia traduzione “di servizio” dall’edizione in lingua francese.
*Si ricordi che l’autore è entrato nel monastero Tōfukuji nel 1939 ed è quel periodo che rievoca in questo diario.
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