Una lettura d’estate. Unsui nikki. 23. Pulire il giardino.

“Pulire il giardino”, acquerello di Satō Giei.

 

Pulire il giardino

 

Se c’è una cosa di radicale nei monaci zen è la disciplina della pulizia. Al mattino, all’uscita dalla consultazione individuale, nei locali di servizio della sala di meditazione, sono tutti lì a spazzare e pulire il giardino come se non potessero farne a meno. Niente, tranne forse la pioggia, potrebbe dispensarli da questo dovere della pulizia quotidiana. Questo lavoro manuale dà corpo alla parola di Baizhang: “Una giornata senza lavoro è un giorno senza cibo”, e si conta fra gli esercizi religiosi. In questa attività, nessuno obbedisce ad alcun ordine di sorta, e le faccende non sono di quelle da cui ci si attende una ricompensa, pur minima che sia. Osservando il silenzio, si porta la più grande attenzione a spazzare le foglie morte e a strappare le erbacce. Chi ci volesse vedere un lavoro come un altro si sbaglierebbe di grosso: è zazen nella sua versione dinamica. Liberarsi dai dolori del corpo e della mente si accompagna alla scoperta del sé vivente che si realizza nel movimento.

Il maestro Zhongfeng aveva per motto: “Tieni la tua ramazza di bignonia costantemente a portata di mano al fine di cacciare la polvere del tempio!”. Shen-hsiu shang-tso, lui, consigliava: “Asciugate, spazzate, state attenti sempre a mantenere la pulizia: non lasciate lo specchio del vostro cuore riempirsi di polvere!”, un modo di lasciare intendere che “bisogna conservare l’interno del proprio cuore mondato di tutte le passioni oscure”. A Zhaozhou che stava spazzando il giardino un monaco chiese: “Maestro, siete considerato un grande amico del bene sotto il cielo, come è possibile che qui vi sia della sporcizia (ossia delle passioni che dovete spazzar via)?”. Si racconta anche la storia di Xiangyan che raggiunse il Risveglio grazie al rumore prodotto da una piccola pietra che urtò un bambù mentre stava spazzando. Tutti questi aneddoti mostrano che qualsiasi attività della vita ordinaria, in ogni luogo, è un’occasione di fare esperienza dello zen.

 

Satō Giei

(1920-1967)

Fonte: 

Satō Giei, Journal d’un apprenti moine zen (Unsui nikki, 1966),

traduit du japonais par Roger Mennesson, Arles, Philippe Picquier, 2010, pp. 58-59.

Edizione giapponese pubblicata da The institute for Zen studies nel 1972.

❖Mia traduzione “di servizio” dall’edizione in lingua francese.

 

 

 

 

➽ Maggiori informazioni sul libro e il suo autore le trovate in questa pagina:

https://www.rossellamarangoni.it/una-lettura-per-lestate-unsui-nikki-il-diario-di-un-novizio-zen.html

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