Recitazione dei sūtra nella sala di meditazione.
Una volta usciti dal padiglione centrale, i monaci vanno davanti al maestro della sala di meditazione, il “santo monaco”, per recitare il sūtra del Cuore, shin-gyō, così come la preghiera che allontana dalle calamità, sonshō-dhāranī. Quando il cerimoniere termina di recitare il testo di “retrocessione dei meriti per la salvezza dei defunti”, la recitazione dei sūtra giunge al termine. La campanella del cerimoniere risuona e ognuno, nella grande assemblea, come per un movimento regolato, srotola la sua stuoia, vi depone il proprio cuscino di meditazione ed effettua davanti al Buddha, per tre volte, la grande prosternazione, attraverso la quale si domanda il buon compimento degli esercizi religiosi della giornata.
La statua del bodhisattva Manjushri rappresenta il “santo monaco” che incita a ricercare la più elevata saggezza e a praticare la virtù con la foga dei leoni. In un tempio zen, ovunque, in cucina, nei bagni, addirittura nelle toilette, sono collocate delle statue di Buddha, che sono in stretto rapporto simbolico con la funzione assegnata al luogo. Per esempio, nella sala di meditazione, che è la residenza dei monaci, il luogo dove si impegnano con tutte le forze, di giorno come di notte, nello sforzo della concentrazione mentale che li avvicinerà all’intelligenza sapienziale della hannya (prajna), la statua del “santo monaco” è l’immagine più appropriata. Emana da essa una dolcezza – che le deriva dalla raffinatezza dei tratti e dalla sua imponente bellezza – tale che si crede di trovare davvero un padre compassionevole quando ci si rivolge a lui implorando: “Oh, santo monaco!”.
La recitazione dei sūtra nella sala di meditazione ha fine: è il momento del tè profumato alla prugna. È il preposto a versare questa acida pozione – acida al punto da cacciare le ultime ondate del sonno; rinfresca la bocca ma non solo, l’umore stesso ne viene rinfrancato. La ricetta appartiene ai templi zen e questa infusione potrebbe ben essere definita come un “frammento della vita di saggezza”.
Satō Giei
(1920-1967)
Fonte:
Satō Giei, Journal d’un apprenti moine zen (Unsui nikki, 1966),
traduit du japonais par Roger Mennesson, Arles, Philippe Picquier, 2010, pp. 44-45.
Edizione giapponese pubblicata da The institute for Zen studies nel 1972.
❖Mia traduzione “di servizio” dall’edizione in lingua francese.
➽ Maggiori informazioni sul libro e il suo autore le trovate in questa pagina: