Rieccomi.
Dopo mesi intensi che mi hanno portato con la testa altrove.
Chiedo scusa. Sono di nuovo qui.
Sono tornata.
Dopo tre corsi in cui ho messo tutta me stessa, dopo aver terminato un libro che mi ha messo a dura prova e finalmente sta per uscire (Zen, per l’Editrice Bibliografica), dopo un viaggio impegnativo in Giappone, il mio diciottesimo, in cui ho provato, mai come questa volta, sentimenti contrastanti. In cui la moda imperante dei viaggi in Giappone “a tutti i costi” mi ha messo davanti a una considerazione impietosa: non vedrò forse più il Giappone come l’ho visto sino a due anni fa. Il tempo e le masse cambiano i luoghi.
Anche noi cambiamo. Anche i nostri amori maturano, si fanno consapevoli, ci pongono delle sfide. Ne nascono nuovi desideri: di approfondire temi, di visitare luoghi, di fermarsi a leggere un’iscrizione mentre alle tue spalle c’è chi preme, chi spinge per il selfie estremo, chi sbraita per radunare un gruppo. Per la prima volta ti scopri a pensare che vorresti essere altrove. Basta. Via dalla pazza folla.
Eppure, eppure.
Eppure proverò sempre gioia all’idea di tornare in Giappone.
Noi due, almeno, lo sappiamo. Non è forse vero?
Sappiamo i vicoli, i sentieri, le passeggiate insolite e i piccoli templi isolati. Riconosciamo il suono di un flauto lontano, captiamo la presenza di un matsuri, entriamo in giardini nascosti. Noi sì. Lascia che passi la buriana.
Ancora potremo fermarci su una panchina a chiacchierare con pochi compagni, davanti a uno stagno su cui danzano le foglie dei salici, ammirando la semplice bellezza che ci circonda. Ancora scenderemo le scale di una stazioncina di campagna, ritrovandoci soli.
Ancora apriremo gli ombrelli sotto la pioggia battente e poi, sotto porticati deserti, ascolteremo il suono dei nostri passi, nella sera.
Ancora ci fermeremo a leggere una poesia incisa su una pietra, ammireremo un dettaglio architettonico, inseguiremo con lo sguardo un insetto.
E i nostri occhi ancora accarezzeranno il muschio fra le radici di un giardino.
Lasciando che nuovi turisti, a frotte, ci oltrepassino in fretta.
E che ritorni il canto delle fronde e degli uccelli.
Gentile Rossella,
a Novembre partirò per il mio ottavo viaggio in Giappone. Al contrario di Lei, io non potrò mai che essere, e lo riconosco umilmente, una turista, ma – spero – almeno una turista discreta. Mi sono un pò spaventata nel leggere l’esordio di questo suo post, che fa eco ad altri blog di persone italiane che ormai da decenni vivono e lavorano in Giappone e che osservano con perplessità questa ondata di interesse per quella terra.
Per me è una buona notizia, invece, che Lei ritorni a raccontarci il Suo Giappone. Mi è mancata molto!!
Aspetterò con curiosità ed interesse i suoi prossimi post.
Un saluto da Barbara